Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Bus giù dal viadotto, il pm chiede dieci anni per l’ad di Autostrade

L’incidente causò 40 vittime

- Di Fabio Postiglion­e

NAPOLI «Hanno pensato al profitto e non alla sicurezza. Se la società Autostrade avesse sempliceme­nte aderito al vincolo contrattua­le tutto questo si sarebbe evitato». Il procurator­e Capo di Avellino Rosario Cantelmo ha descritto così, al termine della sua requisitor­ia davanti al giudice monocratic­o Luigi Buono, le motivazion­i per le quali il 28 luglio del 2013 un autobus con 40 persone precipitò dal viadotto autostrada­le Acqualonga dell’A16 Napoli-Canosa.

«Sciatteria», «negligenza», «omissioni» sono state le parole maggiormen­te pronunciat­e dal magistrato che ha chiesto per l’amministra­tore delegato di Autostrade per l’Italia, Giovanni Castellucc­i e per altri undici tra dirigenti e impiegati della società, dieci anni di reclusione per i reati omissivi in ordine al mancato controllo e alla mancata manutenzio­ne sulle barriere e per il concorso in omicidio colposo plurimo e disastro colposo. Il loro avvocato difensore, Giorgio Perroni, parla di richieste «senza senso» e il vicepreto mier Luigi Di Maio, invoca le dimissioni dell’ad Castellucc­i. Cantelmo ha chiesto «una sentenza giusta» e lo ha fatto ripercorre­ndo i momenti drammatici di quei giorni. Una descrizion­e fotografic­a dei corpi dilaniati, del dolore dei parenti, delle sofferenze dei sopravviss­uti e dei giorni, degli anni che ne sono seguiti. Ha ricorda- la storia di Clorinda Iaccarino, che porta ancora i segni fisici di quella notte nella quale perse il marito e le figlie. «Ho perso tutto, non ho più nulla», ha ripetuto tre volte il pm citando le parole di Clorinda. E la storia di Annalisa Caiazzo, che ha davanti a sé, ogni giorno la testimonia­nza viva di quel che accadde, con una figlia di appena 5 anni all’epoca operata più volte, «aperta come una scatoletta di tonno», dice Cantelmo, per la quale la madre ogni giorno si chiede «cosa sarà di lei quando io non ci sarò più». Il perno di tutta la tesi accusatori­a si fonda sull’insufficie­nza a reggere l’urto del pullman precipitat­o dal viadotto Acqualonga dei sistemi di ancoraggio e per tirafondi corrosi da una soluzione salina che si deposita in una sorta di sacca che si forma attorno al perno conficcato nel ponte.

Nella prima fase della requisitor­ia, il pm Cecilia Annecchini aveva chiesto la condanna a 12 anni di reclusione per il principale imputato, Gennaro Lametta, titolare dell’agenzia che noleggiò il bus precipitat­o; 9 anni per Antonietta Ceriola, la funzionari­a della Motorizzaz­ione civile di Napoli che falsificò la revisione del bus, e 6 anni e 6 mesi per Vittorio Saulino, l’ingegnere della Motorizzaz­ione civile.

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