Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Cantiere metrò al Plebiscito, critiche anche dagli esperti nominati da de Magistris
Buonomo (Commissione urbanistica) attacca i lavori nella piazza
Il cantiere di piazza Plebiscito continua a scatenare polemiche e a sollevare dissensi, anche interni al Comune di Napoli.
Dopo la presa di posizione di intellettuali e cittadini contrari allo scavo che sta realizzando la metropolitana per realizzare un pozzo di ventilazione della Linea 6, la discussione diventa interna alla maggioranza che sostiene de Magistris. Qualche giorno fa è stato il presidente della commissione mobilità Nino Simeone che ha convocato per martedì 16 l’assessore Calabrese, il presidente della Metropolitana Ennio Cascetta; il soprintendente Luciano Garella; l’Ansaldo e diversi dirigenti comunali, oltre che l’intera commissione.
È invece di ieri la lettera di Roberta Buonomo, docente di Legislazione dei Beni culturali dell’Accademia di Belle arti e membro della commissione ambientale e urbanistica. Buonomo dichiara senza mezzi termini: «Ritengo che la realizzazione delle griglie di ventilazione della metro si ponga in stridente contrasto con il duplice vincolo diretto ed indiretto, imposto ai sensi delle disposizioni di tutela del Codice dei beni culturali, gravante sulla piazza: da un lato, infatti, Palazzo Reale, la Chiesa di San Francesco di Paola, Palazzo Salerno ed il Palazzo della Prefettura che prospettano su piazza del Plebiscito sono edifici monumentali interessati da vincolo diretto, dall’altro il predetto complesso monumentale, insieme alle aree pubbliche ad esso limitrofe, è interessato anche da un vincolo indiretto, volto ad evitare che ne sia danneggiata la prospettiva e che ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro, apposto dalla direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Campania».
Cosa prevede questo decreto? «Nell’individuare nella piazza una zona di rispetto integrale, un’area per le occupazioni temporanee ed un’area per le manifestazioni temporanee, detta delle prescrizioni vincolistiche fortemente limitative dell’utilizzo del bene pubblico di interesse culturale. Pertanto non è dato comprendere, e se ne chiede ragione, come oggi, in presenza di un vincolo così stringente – che bandisce occupazioni permanenti dello spazio pubblico per garantire la fruizione fisica e percettiva dello spazio urbano e, dove consentite quelle temporanee, si spinge ad imporre prescrizioni per colori e materiali dei tavolini e delle sedie per tutelare l’armonia cromatica con il contesto ambientale — possa essere consentito un simile oltraggio a carattere addirittura permanente alla piazza».