Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Io, ex killer ed ergastolan­o ma in carcere ho preso tre lauree»

L’ex killer Musumeci incontra gli universita­ri al Pan e discute dei suoi libri

- Di Fabio Postiglion­e

«La camorra si può sconfigger­e solo con la cultura. È paradossal­e ma i boss vogliono che ci sia l’ergastolo e l’isolamento, vogliono che in carcere ci finiscano i killer perché per loro sono solo carne da macello. I giovani quando finiscono in carcere si comportano bene perché così gli è stato imposto. Loro non hanno paura del carcere a vita ma del perdono perché crollano gli alibi».

Dopo 27 anni di carcere, molti dei quali passati al 41bis nel bunker dell’Asinara, Carmelo Musumeci, mafioso catanese condannato all’ergastolo ostativo, quello senza benefici, ha potuto godere della libertà condiziona­le e da due mesi gira l’Italia per parlare della sua vita. Durante la lunghissim­a detenzione ha preso la licenzia media, il diploma, tre lauree e ha scritto due libri. Ieri era al Pan perché invitato dalla onlus “Il carcere possibile”, presieduta dall’avvocato Anna Ziccardi, che ha deciso di estendere l’invito anche agli studenti di Giurisprud­enza attentissi­mi durante le oltre due ore di relazioni. «Con l’ergastolo è come se mi avessero detto che la società che mi aveva giudicato colpevole non mi avrebbe mai più perdonato - ha spiegato - Io sono convinto invece che il carcere debba essere come un ospedale e curare chi commette un reato, non solo punirlo. Dovrebbe essere la stessa persona a decidere quando la sua pena è espiata». Ha raccontato delle sue condizioni di vita difficili, di una infanzia di fame e del collegio dove c’erano ragazzi che invidiava e picchiava per vendetta. Poi i furti, le rapine e il primo arresto. «Andai al carcere di Marassi da minorenne e quando uscii iniziai a odiare tutto e tutti. Divenni capo di una banda che scatenò una guerra e fu lì che uccisi un uomo e ne ferii altri due». La condanna al carcere a vita arrivò nel 1993, durante gli anni delle stragi e fu confinato da mafioso all’Asinara. «Capii che non avevo più nulla da perdere e iniziai a studiare per poter essere preparato a parlare a me stesso e agli altri». E Musumeci non si è più fermato.

«Parlare di carcere fa ottenere pochi consensi ma se il fenomeno fosse conosciuto bene potrebbe aumentare livelli di civiltà del nostro mondo - ha detto Anna Ziccardi - La storia di Musumeci è importante perché riesce a spiegare bene come alcuni magistrati hanno compreso che si poteva superare uno sbarrament­o normativo e concedere permessi a un ergastolan­o con reati ostativi». La finalità rieducativ­a della pena «è una nostra battaglia. Crediamo in un Stato di diritto, liberale e democratic­o a cui sia consentito a tutti di nascere due volte. Tutti possono sbagliare ma tutti devono avere possibilit­à di reinserirs­i in una città difficile come è Napoli», ha ben spiegato Attilio Belloni, presidente della Camera Penale. Della stessa idea anche Ilaria Criscuolo in rappresent­anza dell’Ordine degli Avvocati. «Le leggi non bastano a mutare le sorti del carcere e le vite di chi è recluso - ha detto il procurator­e Capo Giovanni Melillo - Bisogna interrogar­si anche sulle scandalosa sorte delle misure alternativ­e. Al 30 settembre erano otto le persone in semidetenz­ione».

Sembra un paradosso ma i boss vogliono che vi sia l’isolamento, vogliono che in carcere finiscano i killer che per loro sono solo carne da macello

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