Corriere del Mezzogiorno (Campania)
FUTURISMO UN CAMPARI CON DEPERO
Un ricco itinerario con opere di Balla, Boccioni e la scultura pubblicitaria del drink Esposti anche «Autoritratto» di Cangiullo e il manifesto di Marinetti su Le Figaro Ma Napoli anticipò Parigi pubblicandolo sei giorni prima su «La Tavola Rotonda»
La velocità, il dinamismo, l’energia, il progresso «che ha ragione anche quando ha torto perché è movimento, vita, lotta e speranza». Parole di Filippo Tommaso Marinetti che con gli altri futuristi posò il piede sull’acceleratore della storia e dell’arte, scomponendo i fotoni delle forme.
Il viaggio dalla figura alla sua «esplosione» è raccontato nel ricco e rigoroso percorso espositivo di «Il Futurismo. Anni ‘10- Anni ‘20», la mostra promossa dal Comune di Napoli-Assessorato alla cultura con l’organizzazione di Creare Organizzare Realizzare di Alessandro Nicosia, a cura di Giancarlo Carpi con Francesca Villanti, inaugurata ieri al Maschio Angioino.
La prima avanguardia incubatrice della modernità tutta fino alla Pop Art è incastonata nel gotico della Cappella Palatina con un congruo numero di opere di Boccioni, Balla, Dottori, Carrà, Severini, Autoritratto di Cangiullo, Architettura nello spazio (ovvero Capri) di Prampolini e tanto Depero, a partire dal Pupazzo Campari, commissionato all’artista dal longevo marchio che tra i primi (1925) ingaggiò la scultura a servizio della pubblicità, linguaggio che per Marinetti aveva «soltanto una ragione d’essere: quella di agganciare la curiosità del pubblico con la massima originalità, la massima sintesi, il massimo dinamismo, la massima simultaneità e la massima portata mondiale». Ovvero la globalizzazione ante litte- ram. «Cosa hanno da dirci ancora i futuristi? A partire dal loro fondatore — dice l’assessore Nino Daniele — ci si presentano come implacabili innovatori, insofferenti di limiti e convenzioni, provocatori, irrequieti e instancabili inventori di scenari inauditi. Irrompono sulla scena culturale italiana e poi europea, diventandone la prima grande avanguardia artistica e si manifestano fin dall’inizio come una forza incontenibile. Travolgente nella sua passione per il nuovo: niente di quel che era è destinato a restare immutato. E Napoli non fu in seconda fila com’è noto».
Eppure scientemente i curatori hanno escluso dall’esposizione il numero della rivista napoletana «La tavola rotonda» che pubblicò per prima il Manifesto Futurista. Lo ricorda il sindaco Luigi de Magi- stris: «14 febbraio 1909: pubblicazione del Manifesto di Marinetti. Mi potreste correggere e dire 20 febbraio 1909, “Le Figaro”! No, perché Napoli arriva prima di Parigi, esattamente di sei giorni. Dopo pochi mesi, poi, alla presentazione ufficiale al Mercadante Gemito accolse così i futuristi: “Ai cari amici un augurio per la loro nobile missione di promozione di un nuovo ideale di arte in Italia, da parte di un amico che ha avuto la fortuna di applaudirli”».
Tutto ciò manca in questa mostra perché, spiegano i curatori, era stato oggetto di esposizioni precedenti come «Futurismo e Meridione e Aereo e Pittura. Noi ci fermiamo alla fine degli anni Venti, il decennio dell’arte meccanica futurista, cercando di dimostrare la gemmazione di temi che a loro volta giungeranno ben oltre la Seconda guerra mondiale. In particolare, la soluzione originale deperiana di una declinazione del concetto di compenetrazione in senso dialettico, rielaborando soluzioni sperimentate nel primo decennio da Boccioni, Severini, Balla, Carrà e altri».
Le opere sono di grande rilievo per quantità e qualità con qualche sorpresa come il collage di carte colorate su tela chiesto a Balla da Marinetti come pannello per sostituire uno specchio che s’era rotto nel suo guardaroba (catalogo Skira, visitabile fino al 17 febbraio dalle 10 alle 19, festivi 10 –14, biglietto 10 euro, ridotto 8).