Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Spinosa presenta Solimena, due volumi e una grande mostra
Lo storico dell’arte aggiorna gli studi di Ferdinando Bologna dopo sessant’anni
Asessant’anni dalla prima preziosa monografia sull’argomento di Ferdinando Bologna, oggi introvabile, ecco finalmente uscire Francesco Solimena (1657-1747) e le Arti a Napoli, una guida ragionata e riccamente illustrata che raccoglie in due volumi editi da Bozzi, il lavoro dedicato da Nicola Spinosa al grande maestro nato a Canale di Serino nel 1657.
«Ho impiegato ben quattro anni – spiega lo storico dell’arte ed ex sovrintendente, che ieri ha presentato il doppio libro a Villa Pignatelli, lanciando anche un appello affinché siano salvati gli affreschi di Solimena nella chiesa di San Nicola alla Carità – per realizzare questo progetto, anche perché mi aspettavo che Bologna aggiornasse il suo precedente lavoro. Ne ho parlato quindi con lui e ricevuto il suo placet, mi sono tuffato in questa impresa che per me ha come sempre un doppio obiettivo: approfondire il passato affinché serva da impulso al futuro, per una Napoli che vive un momento di ripiegamento su se stessa, assediata da un turismo mordi e fuggi che alla città porta poco o nulla in termini di sviluppo culturale». D’altra parte non va dimenticato che l’Abate Ciccio, come veniva chiamato Solimena visto il suo vicariato laico, attraversò un tempo molto lungo (è morto a 90 anni nel 1747), diventando di fatto il trait d’union fra la precedente pittura naturalista del ‘600, appresa ai suoi esordi sulla scorta dei modi di Francesco Guarino fatti propri grazie all’apprendistato del padre Angelo, e quella rococò del ‘700 di Francesco De Mura, passando ovviamente per il barocco di Luca Giordano e Mattia Preti. «Una transizione – spiega ancora Spinosa – vissuta però con una grande originalità, che metteva insieme attenzione per il dettaglio (straordinari sono i suoi ritratti per esempio) ma anche rigoroso possesso per l’impianto architettonico, sviluppato grazie ai rapporti con architetti come Sanfelice e Vac- caro, praticata in prima persona in palazzo Solimena sulle scale di San Potito. E che lo resero protagonista di una pittura dal vero e proprio impianto teatrale, premessa dello sviluppo settecentesco dell’arte presepiale, che deve molto alla sua costruzione dello spazio e alla contestuale collocazione delle figure». D’altra parte appare evidente sfogliando le pagine dei due tomi, che Spinosa abbia fatto una selezione (circa 500 opere pubblicate su un insieme di mille dipinti realizzati) adottando un metodo più volte sperimentato nella costruzione di memorabili cicli espositivi come «Civilità del ‘600» e «Civiltà del ‘700». «Ho sempre ragionato sugli artisti collocandoli al centro delle attività sociali e culturali del loro tempo. E anche stavolta ho seguito questa traccia, favorito anche dalla pluralità degli interessi di Solimena, che fu pittore, disegnatore, illustratore, architetto e anche musicista. Perciò ho affidato la sezione sui disegni a Cristiana Romalli, i saggi sull’architettura a Leonardo Di Mauro, quelli sulla scultura e sulle arti decorative a Gian Giotto Borrelli, quello sulle stampe a Lorella Starita e sulla musica a Dinko Fabris, e infine il regesto sul Solimena pittore a di Tiziana La Marca». Un percorso che assomiglia molto a quello di una mostra. «E infatti ho già proposto alla direttrice del Polo Museale campano Anna Imponente un allestimento espositivo su Solimena e il suo tempo. Confido in lei, visto che altrove, penso a Capodimonte, nonostante gli ingenti stanziamenti ricevuti in seguito alla legge Franceschini, si preoccupano più dei giardini che dei dipinti e della pinacoteca, che pure avrebbe bisogno di una tutela costante, che favorirebbe fra l’altro anche l’occupazione di tanti giovani restauratori». Una mostra in cui non mancherebbero alcuni inediti. «In catalogo – conclude Spinosa – ce ne sono infatti una quarantina, come i rami con la nascita del Battista per il Cardinale Ottoboni o i bozzetti per l’affresco sul Trionfo della fede sull’eresia dei Domenicani di San Domenico Maggiore e quelli della Sacrestia di San Paolo Maggiore».
L’appello L’autore a Villa Pignatelli: «Gli affreschi del pittore nella chiesa di San Nicola alla Carità vanno salvati immediatamente»