Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Tubercolosi, muore dottoressa
Il decesso al Cotugno. Appello alla direzione dell’ospedale di Fuorigrotta: prevenire il contagio Lavorava al San Paolo. Positivo anche un collega, l’allarme dei sindacati
Una dottoressa dell’ospedale San Paolo di Fuorigrotta è morta dopo aver contratto la tubercolosi, forse in servizio. Un suo collega è risultato positivo al test sulla Tbc e ora è allarme tra i dipendenti dell’ospedale. I sindacati chiedono «garanzie», ma la direzione dell’ospedale che ha avviato accertamenti rassicura: «Nessun allarme».
NAPOLI Una dottoressa morta per le complicazioni di una tubercolosi e un medico risultato positivo agli anticorpi per lo stesso batterio. Sono le premesse di un caso che ha creato ieri grande preoccupazione tra i dipendenti dell’ospedale San Paolo di Fuorigrotta, molti dei quali angosciati all’idea che possano esserci altri contagi. E proprio di un caso-tubercolosi si è occupato nei giorni scorsi il Corriere del Mezzogiorno, raccontando come a Palma Campania sia addirittura partito il progetto della «Rete medici sentinelle». Un piano elaborato con il contributo di Carmela Rescigno, medico e responsabile del dipartimento Salute di Fratelli di Italia, con il quale si punta alla sorveglianza sanitaria sui sintomi precoci della tubercolosi nelle aree interessate da forti flussi migratori.
Quanto alla psicosi nata al San Paolo, è ancor più evidente da una nota della coordinatrice della Medicina d’Urgenza indirizzata alla direzione sanitaria. Nella lettera viene richiesto un «intervento preventivo per scongiurare contagio di Tbc, visti gli eventi ultimi che sono captati nel settore medicina d’urgenza».
Importante ribadire che l’esito degli esami per il secondo medico, quelli che hanno fatto scattare la psicosi, indicano solo una positività agli anticorpi. E questa è anche la ragione che induce la direzione sanitaria a richiamare tutti alla calma.
«All’ospedale San Paolo – spiega il direttore Vito Rago – non c’è alcun allarme tubercolosi». Anzi, secondo Rago «il fatto che sia stata riscontrata una positività agli anticorpi non è anomalo». Se non c’è alcun dubbio sulle dotazioni dei cosiddetti dispositivi di protezione individuale, che al San Paolo sono disponibili per tutto il personale, è invece forte l’attacco alla direzione sanitaria da parte della segreteria aziendale Uil.
Per il sindacato la direzione «dovrebbe fare di più per la tutela dei dipendenti e per affrontare questo specifico problema». Una polemica che mediaticamente esplode nel giorno del funerale della dottoressa deceduta ieri, ma che promette di andare avanti con manifestazioni di protesta già da lunedì.
«Il San Palo – si legge in una nota del sindacato - perde una donna straordinaria, sia sotto il profilo personale che professionale. Per noi – scrivono i sindacalisti– qualcosa non quadra e chiediamo ad horas un tavolo di confronto con il servizio di protezione e sicurezza».
Lunedì è anche attesa la relazione sui test ai quali venti giorni fa (appreso del ricovero al Cotugno) la direzione sanitaria aveva sottoposto i dipendenti. Dal canto suo, Vito Rago sottolinea come, appena viene accertato un caso di Tbc, il paziente in questione viene trasferito all’ospedale per le malattie infettive. Perché sempre più spesso si senta parlare di Tbc lo spiega il direttore del dipartimento di Sanità pubblica della Federico II, Maria Triassi: «La tubercolosi è in ascesa in Italia sopratin tutto a causa dei fenomeni migratori. È una malattia legata a doppio filo alla povertà e a condizioni di vita degradate».
Quanto al contagio e alle possibilità di guarigione, Triassi chiarisce che «il batterio è molto resistente nell’ambiente e spesso si possono avere forme secondarie. Il batterio può essere presente maniera latente e riattivarsi a causa di un drastico cambiamento climatico: il passaggio da un area a clima molto caldo ad una con un clima più rigido, ad esempio». L’esperta spiega anche che la trasmissione può avvenire per via aerea, quindi attraverso gocce di saliva che si propagano nell’aria, o per via alimentare. Anche se difficilmente in Europa può capitare di ingerire alimenti pericolosi.
Fortunatamente in Campania esiste una stretta rete di controlli sulla prevenzione della malattia. In particolare sul territorio esiste una rete dei servizi di epidemiologia che in maniera continua producono un censimento di tutte le malattie infettive registrate. Anche per Triassi «l’ospedale è uno dei luoghi più pericolosi, da questo punto di vista, per il rischio di entrare in contatto con il batterio». E non si può escludere che la dottoressa morta ieri avesse contratto la malattia stando a contatto con un paziente in pronto soccorso.
Intanto, un messaggio di cordoglio è arrivato ieri anche dall’Ordine dei medici di Napoli. «Questo tragico evento – dice il presidente Silvestro Scotti – ci ricorda quanto i medici siano esposti a rischi nell’essere al fianco dei pazienti. Alla famiglia della collega va il nostro cordoglio». La preoccupazione di Scotti è che nei prossimi anni saremo chiamati ad affrontare sempre più il problema dell’antibiotico-resistenza.