Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Moscato attiva il mangiadischi e la memoria È grande show
Quella di Enzo Moscato è sempre più una recherche che guarda al passato per meglio evidenziare le incongruenze del presente. Che nella sua prospettiva coincide sempre con Napoli e la sua rigenerazione mutante, più volte affrontata in quarant’anni di scritture teatrali affondate nella materia viva della città. Una circolarità che in Modo Minore, alla Sala Assoli fino a domani, l’attore nato sui Quartieri Spagnoli ripropone attraverso le canzoni, diffuse da radio e mangiadischi o ascoltate nelle feste di piazza dei rioni popolari, da Largo Baracche alla Sanità. Sapori di anni ’50, ’60 e ’70, con «Russulella», «’O sfaticato ‘e quartiere», «’A bruna», «’O Juke Box ‘e Carmela», «Nun t’aggia perdere» e così via. Emozioni che riportano alle pieghe più umili di una città che conservava poesia e sentimenti oggi smarriti. Una Napoli in cui le tante anime convivevano con più serenità (vedi le citazioni «borghesi» di «Dracula cha cha cha», «Bang bang» o «La ballata del Cerutti») e che, insieme agli hit indigeni, Moscato restituisce con quel filo di voce arabeggiante, tremulo ma sempre intonato che ricorda Sergio Bruni, Pino Mauro, Mario Trevi, Tony Astarita. Melodie da festival liberate dalle finestre dei vicoli o dai bassi, che qui ritrovano linfa grazie agli arrangiamenti inediti di Pasquale Scialò.