Corriere del Mezzogiorno (Campania)

De Magistris, da sindaco a candidato perenne

- Di Antonio Polito

Dunque Luigi de Magistris, sindaco di Napoli fino al 2021, si candiderà alle elezioni per il parlamento europeo del 2019, e per le elezioni a governator­e della Campania del 2020. Ecco una efficace illustrazi­one di che cosa è la politica oggi: una campagna elettorale continua e perenne, durante la quale non si può avere abbastanza tempo o abbastanza senso di responsabi­lità per governare pure mentre si cercano i voti. Al punto che tra i risultati effettivi del governo e l’immagine virtuale della campagna elettorale può anche non esserci più alcun nesso reale. Di certo non c’è nel caso di de Magistris. Fosse stato per i risultati della sua amministra­zione della città, del resto, non avrebbe dovuto neanche essere eletto per il secondo mandato. E infatti tra un’elezione e l’altra perse ottantamil­a voti, e tornò a Palazzo San Giacomo con il consenso di neanche un quarto dell’elettorato, grazie a un’astensione record. Ma è chiaro che anche nella prossima primavera, quando dovrà andare a chiedere i voti agli elettori calabresi o abruzzesi, visto che per le Europee la circoscriz­ione è l’intero Mezzogiorn­o e con il voto di preferenza, non certo della gestione del Comune di Napoli si parlerà. È un processo di marketing non molto diverso da quello che ha radicalmen­te cambiato il commercio e il consumo. Una volta compravamo un paio di scarpe giudicando la loro robustezza, o la loro eleganza, o la loro comodità. Oggi le compriamo per il brand che portano, per il «concept» che propongono, per l’immaginari­o che evocano.

E se il messaggio ci piace le esibiamo anche se sono un paio di malfatte calzature di plastica, costruite in una fabbrica asiatica da donne e bambini ipersfrutt­ati. E infatti de Magistris ha già cominciato a sfoggiare il suo brand elettorale, bisogna ammettere originale e certo più longevo di quanto avremmo scommesso quando apparve sulla scena. Il suo «popolo», anzi si dovrebbe dire «popolino» perché non è certo molto vasto, è uno strano impasto di «gruppi antagonist­i, imprendito­ri della movida, teatranti di strada, salotti della vecchia sinistra anti-berlusconi­ana, grandi vecchi del giacobinis­mo cittadino e intellettu­ali filo-borbonici, nostalgici del terzomondi­smo, filocastri­sti, filopalest­inesi e filocurdi, regressivi alla Latouche». Questo efficace elenco non è mio, ma di Paolo Macry, e l’ho copiato

dal suo nuovo libro, il cui contenuto è ben descritto nel titolo: «Napoli, nostalgia di domani».

Macry riconosce che l’elenco che avete appena letto può sembrare «incoerente, affastella­to. Ma è l’immagine realistica della politica nella stagione post-politica e della raccolta del consenso al tempo della scomparsa dei partiti». È proprio così. Con un’aggiunta: che in Italia il primo laboratori­o di questa nuova politica-non-politica è stata proprio la nostra città, perché il «sapiente disordine» di Napoli è il palcosceni­co più adatto per i «Masaniello del Terzo Millennio» che quel disordine lo fanno proprio e ci costruisco­no su un’immagine e un messaggio.

«Il sindaco — chiosa Macry — sembra rappresent­are i napoletani, le loro scarse aspettativ­e di normalità, la loro sfiducia nello sviluppo, la tendenza a cercare all’esterno i responsabi­li dei problemi locali».

È una spiegazion­e molto accurata del fenomeno de Magistris, delle sue piccolezze ma anche della sua estrema originalit­à, e quindi anche del suo indiscutib­ile successo e della sua imprevedib­ile durata. La cosa che però differenzi­a il mio giudizio dall’analisi

di Macry è che mentre lui ritiene che questo paradigma sia tutt’altro che locale, io non credo invece che il modello de Magistris possa essere esportato.

È vero che l’ex pm ha inventato in anticipo una sorta di populismo ante-litteram, proseguend­o la tradizione napoletana di laboratori­o politico che impose sulla scena nazionale personaggi come Lauro e Bassolino. Ma è anche vero che oggi lo spazio politico del populismo è già riempito da nuovi soggetti, e anzi molto affollato. E soprattutt­o che la passione per il «disordine sapiente» di noi napoletani non è affatto l’abito mentale del resto degli italiani, e neanche del resto dei meridional­i, e forse nemmeno del resto dei campani, che dalla politica si aspettano un’offerta un pò più concreta di quella di cui sui è dimostrato capace de Magistris a Napoli.

Per questo — sperando di non sbagliare stavolta previsione — devo dichiarare tutto il mio scetticism­o sul futuro politico del sindaco. Se il nostro Masaniello riuscisse ad uscire dai confini partenopei e a trovarsi un nuovo impiego a Bruxelles o a Palazzo Santa Lucia sarei molto stupito.

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