Corriere del Mezzogiorno (Campania)
De Magistris, da sindaco a candidato perenne
Dunque Luigi de Magistris, sindaco di Napoli fino al 2021, si candiderà alle elezioni per il parlamento europeo del 2019, e per le elezioni a governatore della Campania del 2020. Ecco una efficace illustrazione di che cosa è la politica oggi: una campagna elettorale continua e perenne, durante la quale non si può avere abbastanza tempo o abbastanza senso di responsabilità per governare pure mentre si cercano i voti. Al punto che tra i risultati effettivi del governo e l’immagine virtuale della campagna elettorale può anche non esserci più alcun nesso reale. Di certo non c’è nel caso di de Magistris. Fosse stato per i risultati della sua amministrazione della città, del resto, non avrebbe dovuto neanche essere eletto per il secondo mandato. E infatti tra un’elezione e l’altra perse ottantamila voti, e tornò a Palazzo San Giacomo con il consenso di neanche un quarto dell’elettorato, grazie a un’astensione record. Ma è chiaro che anche nella prossima primavera, quando dovrà andare a chiedere i voti agli elettori calabresi o abruzzesi, visto che per le Europee la circoscrizione è l’intero Mezzogiorno e con il voto di preferenza, non certo della gestione del Comune di Napoli si parlerà. È un processo di marketing non molto diverso da quello che ha radicalmente cambiato il commercio e il consumo. Una volta compravamo un paio di scarpe giudicando la loro robustezza, o la loro eleganza, o la loro comodità. Oggi le compriamo per il brand che portano, per il «concept» che propongono, per l’immaginario che evocano.
E se il messaggio ci piace le esibiamo anche se sono un paio di malfatte calzature di plastica, costruite in una fabbrica asiatica da donne e bambini ipersfruttati. E infatti de Magistris ha già cominciato a sfoggiare il suo brand elettorale, bisogna ammettere originale e certo più longevo di quanto avremmo scommesso quando apparve sulla scena. Il suo «popolo», anzi si dovrebbe dire «popolino» perché non è certo molto vasto, è uno strano impasto di «gruppi antagonisti, imprenditori della movida, teatranti di strada, salotti della vecchia sinistra anti-berlusconiana, grandi vecchi del giacobinismo cittadino e intellettuali filo-borbonici, nostalgici del terzomondismo, filocastristi, filopalestinesi e filocurdi, regressivi alla Latouche». Questo efficace elenco non è mio, ma di Paolo Macry, e l’ho copiato
dal suo nuovo libro, il cui contenuto è ben descritto nel titolo: «Napoli, nostalgia di domani».
Macry riconosce che l’elenco che avete appena letto può sembrare «incoerente, affastellato. Ma è l’immagine realistica della politica nella stagione post-politica e della raccolta del consenso al tempo della scomparsa dei partiti». È proprio così. Con un’aggiunta: che in Italia il primo laboratorio di questa nuova politica-non-politica è stata proprio la nostra città, perché il «sapiente disordine» di Napoli è il palcoscenico più adatto per i «Masaniello del Terzo Millennio» che quel disordine lo fanno proprio e ci costruiscono su un’immagine e un messaggio.
«Il sindaco — chiosa Macry — sembra rappresentare i napoletani, le loro scarse aspettative di normalità, la loro sfiducia nello sviluppo, la tendenza a cercare all’esterno i responsabili dei problemi locali».
È una spiegazione molto accurata del fenomeno de Magistris, delle sue piccolezze ma anche della sua estrema originalità, e quindi anche del suo indiscutibile successo e della sua imprevedibile durata. La cosa che però differenzia il mio giudizio dall’analisi
di Macry è che mentre lui ritiene che questo paradigma sia tutt’altro che locale, io non credo invece che il modello de Magistris possa essere esportato.
È vero che l’ex pm ha inventato in anticipo una sorta di populismo ante-litteram, proseguendo la tradizione napoletana di laboratorio politico che impose sulla scena nazionale personaggi come Lauro e Bassolino. Ma è anche vero che oggi lo spazio politico del populismo è già riempito da nuovi soggetti, e anzi molto affollato. E soprattutto che la passione per il «disordine sapiente» di noi napoletani non è affatto l’abito mentale del resto degli italiani, e neanche del resto dei meridionali, e forse nemmeno del resto dei campani, che dalla politica si aspettano un’offerta un pò più concreta di quella di cui sui è dimostrato capace de Magistris a Napoli.
Per questo — sperando di non sbagliare stavolta previsione — devo dichiarare tutto il mio scetticismo sul futuro politico del sindaco. Se il nostro Masaniello riuscisse ad uscire dai confini partenopei e a trovarsi un nuovo impiego a Bruxelles o a Palazzo Santa Lucia sarei molto stupito.