Corriere del Mezzogiorno (Campania)
ORA SALVINI RACCONTI IL «SUO» SUD
Strano episodio l’espulsione dalla squadra di calcio di una ragazza perché candidata a Marano in una lista di destra imparentata con Salvini. L’episodio — poi in qualche modo superato nei giorni successivi — oltre che atto discriminatorio intollerabile, è stato un’idiozia per due ragioni. La prima l’ha detta Nicodemo sul nostro giornale martedì scorso: l’espulsione contraddice l’identità della squadra afro-napoletana, cioè l’accoglienza e l’integrazione. La seconda è più grave: distoglie il cervello dalla riflessione sul vero significato della presenza al Sud della Lega Nord. Presenza che è un paradosso e un mistero.
Un paradosso: sono sicuri i portabandiera nostrani di Salvini quando dicono che la Lega di oggi non è quella di ieri perché è caduta la parola «Nord», sostituita da «noi con Salvini»? Basta una parola per credere che costui ora faccia gl’interessi di «tutta» l’Italia avendo fatto sempre e soltanto quelli del Nord? No, è un paradosso!
È vero che una parte del mistero si svela sapendo che i «sudisti di destra» ammirano il polso da ducetto di Salvini, specie sui problemi dell’immigrazione e della sicurezza (problemi reali, ma da affrontare in tutt’altri modi). Rimane l’altra parte del mistero, la più preoccupante: come fanno i sudisti di destra, nonostante l’allarme di economisti e politologi, a non pensare che la discesa al Sud della Lega altro non è che il classico «cavallo di Troia»? Le Regioni del Nord, dov’è massiccio l’elettorato della Lega, approfittando della maschera patriottica di Salvini, continuano a guardare senza esitazione alla loro totale autonomia: che vuol dire trattenere le loro (si fa per dire) risorse economico-finanziarie negando la coesione nazionale, basata sull’equa distribuzione di esse sull’intero territorio italiano. Il Sud – anche per sua incapacità, incompetenza e malavita – ha perso industrie, banche, centri decisionali, giovani talenti ecc., rimanendo sempre un proficuo mercato per il Nord e accon- tentandosi di slogan del tipo: «solo se riparte il Sud cresce l’Italia». Chiedo ai sudisti di Salvini: anziché battere solo su sicurezza e immigrazione, costui vi ha almeno detto – magari in segreto – cosa vuol fare del Mezzogiorno? Non c’è, sia chiaro, la pretesa di essere mantenuti dal Nord, ma solo quella di sapere, dal «governo del cambiamento», se esiste un serio piano di sviluppo del Mezzogiorno, fatto di prospettive reali e non di slogan. Un piano del genere infatti è assente sia nel famoso contratto di governo sia nella manovra finanziaria. Al momento, per il Sud, c’è soltanto il menu del Movimento Cinque Stelle (peraltro nato e gestito anch’esso dal Nord), che prevede un gustoso «piatto di lenticchie», molto elaborato e lungo da cucinare: quel «reddito di cittadinanza», che però, secondo l’opinione corrente, mira più ai voti nelle elezioni europee che alla crescita del Mezzogiorno.
La verità è che la «secessione», chiodo fisso della «vecchia» Lega Nord per lucrare consensi nelle sue ricche Regioni, è solo scomparsa dalla subdola propaganda della «nuova» Lega, ma è stata sempre perseguita con tenacia, in modo strisciante, fino a essere ormai realizzata nei fatti. A breve arriverà pure il riconoscimento formale con la complicità dei paladini sudisti di Salvini. I quali, nella notte delle ultime elezioni, hanno aiutato i guerrieri usciti dal cavallo di Troia a mettere a ferro e fuoco il disgraziato Sud.