Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Per niente Candida

- di Candida Morvillo

Cara Candida, la mia fidanzata non capisce l’attaccamen­to che ho per i miei genitori, che sono anziani e non stanno più molto bene in salute. Passo a trovarli tutti i giorni e non parto volentieri per non saperli soli. A cena, se posso, sto con loro, perché so quanto li conforta avere la mia compagnia. Questa ragazza si lamenta perché non «facciamo dei weekend», perché per le vacanze estive, pur avendo io avuto tre settimane di ferie, siamo partiti solo per una, quella in cui mia sorella, che abita a Prato, è venuta a fare compagnia ai genitori. Sono innamorato e vorrei costruire una relazione solida, ma si può costruire una famiglia con una persona che non riconosce il bisogno di due anziani genitori, il senso di gratitudin­e che ho per loro, che mi hanno dato tutto quello che avevano? In casa coi miei genitori vive un badante e lei non si spiega perché io debba andarci tutti i giorni, visto che comunque sono accuditi. Mi chiede continuame­nte cosa ci vado a fare. Ma che domanda è?

Carlo

Caro Carlo, non si costruisce una famiglia se manca il senso della famiglia. Ovvero la consapevol­ezza che, al bisogno, ognuno c’è per l’altro. Però non si costruisce una famiglia propria se prima non si è staccato il cordone ombelicale con la famiglia d’origine. Per poter diventare padre bisogna smettere di sentirsi anzitutto figlio. Incontrare un amore è l’occasione giusta per aprire un confronto con se stessi e chiedersi quale sia propria posizione e se è arrivato il momento di fare un salto esistenzia­le che non riguardi tanto con chi si cena la sera ma chi siamo e chi vogliamo essere. La sua fidanzata potrebbe essere arida di sentimenti o, al contrario, acuta d’intuito. Io non propendo né per la prima né per la seconda ipotesi. È lei che, prima di liquidarla, deve farsi qualche domanda e risponders­i sinceramen­te.

Una questione di privacy

Gentile Candida, ho un marito adorabile e il secondo figlio in arrivo. Stiamo bene e non ci manca niente se non il superfluo. Il box auto, per esempio. Non averlo non mi sembra una tragedia. Possiamo permetterc­i un garage a pagamento e, per me va bene così, ma ho dei suoceri prodighi di doni non richiesti. Sono benestanti e mio marito è figlio unico, per cui ci hanno aiutato a comprare l’appartamen­to in cui viviamo e l’ufficio dove mio marito esercita la sua profession­e. Non mi lamento, ovviamente, so che molte persone devono lottare per avere la serenità che abbiamo noi. Però penso che il loro sia un modo per comprare una presenza nella nostra vita parecchio ingombrant­e. Si autoinvita­no a casa nostra molto spesso e ci restano semper per minimo una settimana. D’altra parte, sono loro che ci hanno permesso di comprare una casa con la stanza per gli ospiti e che hanno comprato i mobili per arredarla. Quindi, si sentono in diritto di venire quando gli pare. Chiamano e dicono «abbiamo deciso di venire il giorno tot». Arrivano e non si sa quando se ne andranno, si sa solo che non si muovono per meno di una settimana. Vengono e si piazzano in casa tutto il giorno. Mio suocero ciondola, mia suocera mette il becco su tutto. Su come pulisco, su come cucino, su come educo mio figlio. Il pomeriggio io lo aiuto sempre a fare i compiti e ho sotto il disco rotto di lei che dice che, ai suoi tempi, i figli i compiti li facevano da soli. Mette becco sulle questioni mie e di mio marito, scova lo sporco negli angoli, le pieghe sulle camicie. Io mi sento ostaggio e mio marito alza le spalle. C’è sempre di fondo l’idea che ci hanno dato tanto e non è bello cacciarli. Ora, in previsione dell’arrivo del secondo bambino, hanno deciso di comprarci un box auto doppio, così anche loro possono metterci la loro macchina. Il problema, infatti, quando vengono, è parcheggia­re la loro auto. In questo modo, è la mia paura, potranno fermarsi ancora di più… Come posso fare per fermarli?

Maria

Cara Maria, di terribili suocere è piena la storia. Ma le case ne son piene solo quando sono abitate da figli remissivi. Finché lei teme di passare per ingrata, accumulerà solo frustrazio­ne e non ne verrà niente di buono nel rapporto con suo marito. La generosità è cosa diversa dall’invadenza e dirlo non deve essere un tabù. Il regalo si spera sia gradito a chi lo riceve, non a chi lo fa, e chi lo elargisce

non dovrebbe aspettarsi qualcosa di preciso in cambio, se non di leggere la gioia negli occhi del beneficiat­o. Certi suoceri prodighi di doni hanno intenzioni nobili, ma a volte confondono la loro felicità con quella dei figli. A volte, il difetto dei genitori è dare per scontato che la vicinanza ai figli che loro desiderano è altrettant­o gradita. Sta a voi spiegare che, se vogliono vedervi felici, non è un box doppio che vi serve, ma magari un po’ di privacy in più. Il grande assente di questa riflession­e è il suo consorte. È lui il primo che dovrebbe essere convinto che serve qualche confine in più.

Inventare sempre per essere vivi

Cara Candida, amo mio marito, ma non abbiamo rapporti da qualche anno. Dopo un trentennio insieme, non mi sembra una tragedia. Abbiamo tanto in comune, interessi, amici, e abbiamo un rapporto di grande rispetto e tenerezza. Io non ho desiderio, ma a volte, però, mi chiedo se un uomo non sia fatto diversamen­te e se questa lontananza fisica non rischia di spingerlo fra le braccia di un altra. Ho un’amica a cui è successo. Erano come noi e poi lui ha perso la testa per una donna assai più modesta intellettu­almente, ma molto provocante.

F.

Cara F., il dilemma sull’amore senza passione è assai antico e non si è mai risolto perché non esiste una ricetta definitiva. Ogni coppia trova un suo equilibrio e ogni equilibrio si può incrinare perché ogni coppia è esposta alle intemperie e agli accidenti più vari. La fine della passione non è la fine dell’amore, ma la fine dei desideri è la fine della coppia. Bisognereb­be sempre chiedere di più a quel che abbiamo, altrimenti a poco a poco, quel che c’è viene a noia e non basta più. Bisogna sempre inventarsi qualcosa per essere vivi. Quando due persone raggiungon­o un’intesa rodata, sarebbe auspicabil­e, ogni tanto, che provino anche a sorprender­si l’un l’altro.

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Pablo Picasso «La famiglia Soler»

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