Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Asterìas», stella marina che racconta il Cilento
Isoci della piccola azienda cilentana sono quattro, ma già nel nome della cantina (tempa di Zoè) e del vino che sto per raccontarvi, l’ «Asterìas», c’è l’impronta immaginifica di Bruno De Conciliis, grande affabulatore, comunicatore straordinario del vino al di là dei canoni e dei protocolli. La tempa è la collina, una delle tante che si affacciano nel mare del Cilento, Zoè, invece, l’essenza della vita. L’Asterìas invece è una particolare specie di stella marina. C’è tutto, il riferimento alla fertile terra vulcanica, al mare, alla speculazione sull’essere che da quelle parti (leggi Velia) ebbe la sua culla. Grazie alla narrazione un vino può diventare anche poesia. Poi, naturalmente, bisogna fare i conti con la realtà, con il riscontro del calice, che non lascia spazio al sentimentalismo. Prima di inoltrarmi nell’analisi del vino, lasciatemi citare i compagni di avventura di De Conciliis: Antonio Capaldo, rampollo di una famiglia di banchieri, numero uno di Feudi di San Gregorio; Francesco Domini, apprezzato manager del marketing enologico; Vinny D’Orta, imprenditore della ristorazione (in Germania) che non ha mai dimenticato la sua terra d’origine. E allora, poesia a parte, l’«Asterìas» è un ottimo bianco, molto legato alla terra che lo origina. Fiano cilentano impossibile da confondere con i cugini irpini. Ne condivide appena i riflessi verdolini che arricchiscono il colore paglierino carico. La rotazione compassata nell’ampio calice ne evidenzia la consistenza. Generosi i profumi e vari: un’incipit floreale spalanca le porte alla frutta matura (pesca bianca e soprattutto ananas). Completano il bouquet le note tostate. Che ritroviamo, in bella evidenza in bocca. Soddisfacente l’equilibrio gustativo. Notevole la persistenza. Da provare sulla pasta con i piselli, sui totani con le patate, sui tranci di ricciola o di alalunga arrostiti, sulle carni bianche.