Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La normalità di una nascita prematura
Oggi un bambino su dieci vede la luce prima delle 37 settimane con tutte le complicazioni del caso Ecco perché c’è bisogno di reparti di alta specialità come quello dell’azienda ospedaliera dei Colli
Nascere prematuri non necessariamente significa portarne i segni nel corso della vita, ma tutto si gioca nei primissimi giorni e ruota attorno all’organizzazione e all’alta specializzazione dei reparti di Neonatologia e Terapia intensiva neonatale. Gli ultimi dati disponibili ci dicono che a nascere prima delle 37 settimane è oggi un bambino su 10. Spesso questi bimbi alla nascita non raggiungono neanche il chilo di peso e sono così piccoli da stare nel palmo di una mano, la loro possibilità di recupero e di condurre una vita normale è spesso nelle mani dei medici che li assisteranno ed è sempre legata a doppio filo all’organizzazione e all’efficienza della struttura sanitaria che li accoglie.
Di organizzazione e best practice si parlerà nel corso di un rendez-vous di esperti voluto e organizzato da Giovanni Chello per il 17 novembre, in occasione della Giornata mondiale dei nati prematuri. «Abbiamo scelto di coinvolgere anche le famiglie – spiega Chello (che dirige il reparto di Neonatologia e Tin dell’Azienda ospedaliera dei Colli) – perché troppo spesso i genitori non hanno gli strumenti per affrontare adeguatamente una nascita prematura». Sensibilizzare e informare è importante perché oggi si dà per scontato che il parto debba essere sempre scevro da complicanze e che un nuovo nato debba essere per forza di cose in piena salute. Così non è, c’è sempre la possibilità di una nascita prematura e quindi l’esigenza di poter contare su un reparto di alta specialità.
Ma, quand’è che un bimbo si considera nato a termine?. Lo specialista spiega che un parto “normale” va a termine non al di sotto della 37esima settimana. «I bambini che vengono al mondo prima – dice- presentano nella maggior parte dei casi una serie di criticità e di complessità molto elevate». I maggiori problemi sono quelli di carattere respiratorio perché, spiega Chello, i polmoni non sono ancora “maturi”.
Semplificando un po’, si deve pensare ai polmoni come a delle piccole spugne capaci di catturare l’aria e immettere ossigeno nel sangue. I piccoli forellini che in una spugna imprigionano l’acqua nei polmoni sono gli alveoli, e servono proprio a recepire l’ossigeno. «Nei bambini prematuri gli alveoli tendono a collassare a causa della mancanza di una sostanza che si chiama surfactante, che ha il compito di stabilizzare l’alveolo stesso. Con la giusta terapia possiamo superare il problema e mettere il polmone in condizione di svolgere la sua funzione». Chiaramente Chello spiega che questa è solo una delle problematiche alle quali i medici sono chiamati a prestare rimedio. Spesso si combatte anche contro una spiccata fragilità vascolare, soprattutto dei vasi cerebrali, problemi di tolleranza all’alimentazione e stati di forte compromissione del sistema immunitario. Il Monaldi, proprio grazie al lavoro dell’equipe del reparto di Neonatologia e Terapia intensiva neonatale è ormai un polo d’eccellenza in Campania. Ma non mancano battaglie ancora da vincere. «Benché previsto nel piano sanitario regionale – dice Chello – manca nella nostra azienda ospedaliera un punto nascita. Crediamo fermamente che questo sia un elemento di debolezza per un’azienda ospedaliera che ha nella cardiologia, sia per adulti che pediatrica, una dei suoi fiori all’occhiello. I bambini cardiopatici dovrebbero poter nascere direttamente qui da noi, invece di essere trasferiti dopo la nascita. Questo ovviamente ancor più nel caso di bambini prematuri. Allo stesso modo, le partorienti con problemi cardiaci dovrebbero avere la possibilità di portare a termine la gestazione qui da noi».
Considerazioni ancor più valide se si guarda ai numeri macinati ogni anno dal reparto diretto da Chello: più di 300 ricoveri l’anno e circa il 30% per bambini nati prima del tempo, solo per citarne alcuni. Questi bambini, se adeguatamente assistiti, avranno molte più chance di sopravvivere e di condurre una vita del tutto normale. Ecco perché il sistema sanitario pubblico sta spingendo con decisione sul ruolo delle Neonatologie e delle Tin.
”
Il primario Chello Siamo un polo d’eccellenza ma, benché previsto nel piano sanitario regionale, qui manca un punto nascita