Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La scena è un ring con Muhammad Ali
Francesco Di Leva racconta la vita e la lotta Cassius Clay
Dalla sanguigna rappresentazione dell’etica popolare di Antonio Barracano ne «Il sindaco del Rione Sanità» diretto da Mario Martone, alla strenua difesa dei diritti degli afroamericani di Cassius Clay il passo è stato breve. E Francesco Di Leva è transitato con naturalezza dal carisma del personaggio eduardiano a quello del mitico boxer che preferì le patrie galere alla chiamata alle armi in Vietnam.
L’attore di San Giovanni a Teduccio, in prima linea nella costruzione del progetto Nest, sarà protagonista al Nuovo, da stasera alle 21 e fino a domenica, di «Muhammad Ali», spettacolo ideato con il regista Pino Carbone (che per l’occasione fa anche la sua apparizione in scena) e poi assemblato drammaturgicamente da Linda Dalisi. Già presentato in anteprima al Napoli Teatro Festival, il monologo è un confronto fra l’estrema fisicità dello sportivo e il suo intrecciarsi continuo ai miti del suo tempo. Spettacolo faticoso quindi, in senso letterale, con Di Leva in tenuta da combattimento che trasforma la scena in un ring saltellando da un lato all’altro senza soluzione di continuità come in un eterno, catartico allenamento, mimando pugni, schivando colpi, muovendosi a ritmo di musica e ripetendo ossessivamente «negro, negro, negro!», come fosse un mantra liberatorio. «Mi sento molto vicino alla sua figura – spiega l’attore – a partire dall’essere contro ogni forma di razzismo, vissuto sulla propria pelle in America, anche dopo la conquista della medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma del ‘60».
Un testo che scompone il suo corpo, in cui ogni muscolo corrisponde a un aspetto della sua controversa personalità, fino alla rivelazione: «Cassius Clay è un nome da schiavo. Io ho scelto Muhammad Ali: significa amato da Dio».