Corriere del Mezzogiorno (Campania)
I duelli all’ombra del Vesuvio per un posto al sole nei Tg della Rai
Sangiuliano e Piccinini dati per favoriti, resta da capire chi andrà alla rete ammiraglia. Sullo sfondo Di Mare e Sciarelli
Napoletani, giornalisti,
NAPOLI Rai. Fin qui le analogie. Poi si va in orbita, su pianeti opposti. Perché Gennaro Sangiuliano e Francesco Piccinini, in corsa per i Tg Rai (1 e 2) hanno percorsi, professionali ovviamente, che non si sono neanche mai sfiorati. In realtà di napoletani in corsa ce ne sarebbero altri due. Franco Di Mare, ex inviato Rai e conduttore di Uno Mattina, e Federica Sciarelli, papà e mamma partenopei (anche se lei è nata a Roma) e alla guida di Chi
l’ha visto ?. In barba a sovranismi e leghismi si potrebbe dire che la scuola giornalistica nostrana è viva e vegeta più che mai, ma sono sociologismi, lasciamoli fuori.
In realtà domani si riunirà il consiglio di amministrazione Rai sulle nomine e il puzzle in tempi di governo giallo-verde è assai complicato. Le tessere non sono ancora andate al loro posto. Si sa solo che il Tg1 è appaltato dai 5 Stelle, il 2 dalla Lega. I salviniani vorrebbero nomine interne e non papa stranieri. Che pure ci sono stati nella storia recente della principale rete italiana: Mario Orfeo, neanche a dirlo, un altro napoletano.
Ma torniamo ai nostri. Gennaro Sangiuliano, Genny per tutti i colleghi, classe ‘62, napoletano di via Foria, è l’attuale vicedirettore del Tg1, insomma gioca in casa. Laureato in giurisprudenza, con un
phd in diritto, consigliere circoscrizionale del Movimento sociale dall’83 all’87, scopre il giornalismo. Canale 8, l’Indipendente, poi la direzione del Roma dove lo chiamano «l’aristocratico» per una certa tendenza a volare alto, ben al di sopra della più popolare cronaca. Cita Evola, Gentile, le poesie di Ezra Pound, frequenta insomma la politica e il pensiero di destra, con chiarezza. Nel 2001 si candida nelle file berlusconiane alla Camera, non viene eletto e in fondo è la sua fortuna. Perché nel 2003 entra in Rai come inviato: Bosnia, Kosovo, Afghanistan. Come tutti i giornalisti di carriera, passa però a quella che in gergo si chiama la cucina del giornale, scomparendo dal video. Prima caporedattore e poi vicedirettore con un record personale: ha firmato 2700 edizioni del Tg1 senza neanche una contestazione politica. Che in Rai è una medaglia al valore. Per nove giorni, tra l’uscita di Orfeo e l’entrata di Montanaro, è il direttore in pectore. Come nella migliore tradizione del giornalismo blasonato è anche un appassionato di storia e saggista di successo. Tanto da guadagnarsi, tra i detrattori, l’appellativo di putiniano o di trumpiano a seconda delle biografie che scrive. Non tutti, però ricordano che il libro che lo ha consacrato (fatto amare dai leghisti e criticato dai tedeschi) è «Quarto Reich, come la Germania ha sottomesso l’Europa», scritto a quattro mani con Vittorio Feltri. Attualmente è impegnato nella bio di Xi Jinping, cioé un comunista riformista, convinto che per spiegare la storia si debba partire da chi l’ha fatta. A breve insomma Sangiuliano potrebbe essere ribattezzato il nuovo Mao, come da tradizione.
Da Secondigliano al mondo per tornare a Napoli potrebbe essere il sottotitolo della vita professionale, invece, di Francesco Piccinini, direttore di
Fanpage, sostenuto dai grillini, ma anche da pezzi del Pd. Trentasei anni, pubblicista, attualmente praticante. Perché? L’ha spiegato lui nel 2011, da Parigi dove gestiva Agoravox Italia: «In Francia non esiste l’albo. Fortunatamente dove vivo non esistono le dinamiche italiane. In Francia sei automaticamente giornalista se il 75 per cento delle tue entrate derivano dall’attività giornalistica». Ma Piccinini, in Italia torna presto e deve fare i conti con ordini professionali e scartoffie. Il Messaggero lo chiama per gestire la nascita della parte digitale. Poi va a dirigere il sito di informazione Fanpage. Testata che porta a segno un’inchiesta talmente complessa e contestata da lanciarlo nel campionato dei grandi. L’inchiesta è ovviamente Bloody money, sull’intreccio tra politica e gestione dei rifiuti, in cui finisce anche il figlio del governatore Roberto De Luca. Dicono i dem che Matteo Renzi pensi sia stata Bloody money ad aver fatto perdere le elezioni al Pd. In realtà i dem hanno fatto tutto da soli, certo l’inchiesta non ha dato loro una mano. Schivo, di basso profilo, più che un giornalista tradizionale è un gestore, con buoni rapporti anche con stakeholder internazionali come Google e Facebook. Per i 5 Stelle è il candidato ideale, anche perché non avrebbe remore a decurtarsi lo stipendio. Se non è la direzione del Tg, si dice a viale Mazzini, potrebbe essere chiamato a rifondare la parte digital dell’informazione Rai, di fatto mai partita, dopo il no di Milena Gabanelli.