Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Poteva capitare
Anche i telefoni sono impazziti per la richiesta di notizie a parenti e amici di notizie rassicuranti o per raccomandare prudenza, e per le centinaia di appelli ai vigili del fuoco.
Con chi prendersela? Ogni tanto la natura ci ricorda chi poi comanda davvero e quanto sia precaria la nostra esistenza se a un giovane che sta camminando in una strada di Fuorigrotta può toccare una fine così assurda. Detto questo, poi qualche esame di coscienza dobbiamo pur farcelo. Tra le tante due questioni si impongono e ripropongono con forza.
La prima è la prevenzione — come dire? — immediata. Appena qualche giorno fa fu lanciato un allarme meteo
di colore arancione, vale a dire un livello preoccupante che imponeva decisioni amministrative precise. Che il sindaco adottò ordinando la chiusura delle scuole. In realtà il maltempo non fu tale da giustificare quell’allarme: poche gocce di pioggia, una normale giornata in cui per precauzione uno deve tenere a portata di mano l’ombrello. Naturalmente non sono mancate le discussioni. De Magistris se l’è presa con chi aveva acceso la luce arancione sostenendo, non senza ragione, che occorre modificare qualcosa.
Il fatto è che dati i precedenti — per esempio, i guai giudiziari del sindaco di Genova — un amministratore non può non adottare misure drastiche perché se non lo fa e capita qualche tragedia la responsabilità è sua, come, allo stesso modo, chi fa le previsioni e determina la densità dell’allarme può preferire di mettersi al sicuro con comunicazioni poco rassicuranti soprattutto in un quadro meteorologico sempre più imprevedibile come quello degli
ultimi anni e mesi.
Poi capita l’imprevedibile, il paradosso di ieri. Allarme giallo e, quindi, misure di prevenzione contenute con le scuole aperte. Le stesse saranno chiuse domani, come nella migliore tradizione di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati. Troppo facile prendere atto che le cose non possono funzionare così e che la sicurezza favorita dalla prevenzione non può ridursi a pratiche burocratiche certificate via mail, meglio se pec.
Ma diciamoci con franchezza che anche se ieri le scuole fossero state chiuse non sarebbero stati scongiurati il disastro e il lutto. Perché ci sarà pur sempre un caso – il Caso, che governa le nostre esistenze – che non ci mette al riparo da tutti i rischi, ma questi saranno corsi tutti se non si fa la cosa più importante: la manutenzione del territorio e delle nostre città. Se dovessimo giudicare la manutenzione di Napoli osservando gli alberi, a parte quel pino da cartolina che non c’è più, diremmo che peggio non potremmo stare. Siamo agli estremi: da un lato piante malate e che muoiono da sole, dall’altro chiome floride, non potate e, dunque, sempre più pesanti e impotenti di fronte a venti da cento chilometri orari e più.
Ovviamente siamo in ottima compagnia se solo guardiamo a che cosa è diventata Roma, la capitale, anch’essa ieri ridotta come dopo un bombardamento. Si parla tanto, e anche giustamente di grandi opere, e si dimentica troppo facilmente che la prima, più grande e meritoria opera di cui ha bisogno l’Italia è la manutenzione, la cura delle città, il rammendo delle ferite, la messa in sicurezza degli edifici, a partire dalle scuole, la sistemazione delle strade.
Manutenzione che richiede un’attività quotidiana, come ognuno di noi fa nella propria casa dove ci si preoccupa se un vetro è traballante, se una presa della corrente non è sicura, se un soffitto perde l’intonaco per l’umidità, se un un lavandino ha perdite d’acqua, se una pianta sul balcone può precipitare sulla strada, e così via.
C’è traccia di questo a Napoli? Sfido a rispondere positivamente. Abbonda il chiacchiericcio della politica (arte straordinaria e svilita senza pudore), costante è il lamento della carenza di mezzi finanziari e l’accusa sempre a qualcun altro di non assicurarli, si costringono i cittadini a sciogliere ogni giorno il dilemma se affidarsi a un improbabile trasporto pubblico o servirsi della propria auto con la conseguenza di intasare le strade e avvelenare l’aria. E mai che si dica: forse andrebbero fatte altre scelte, forse ho sbagliato. Capita così che ogni tanto si assista a un sussulto di civismo con gruppi di cittadini che decidono di pulire la Villa Comunale o un arenile, di adottare un’aiuola o di pulire un marciapiede. Gocce d’acqua nell’oceano, gemme di partecipazione e attenzione, utilissime, preziose, ma inutili se manca l’impegno corale della città e, in primo luogo, di chi la deve amministrare.