Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Le tesi di Pino Aprile
«Apriamoci al mondo», allora, e basta con «vittimismo e autocommiserazione». In sintesi: quello che opinionisti più o meno famosi e «ufficiali» ci dicono da oltre 150 anni, con i risultati che conosciamo (un Paese spaccato in due e una parte — quella meridionale — con la metà dei diritti, dei servizi, del lavoro e delle speranze dell’altra). Se Polito avesse letto bene, però, il libro di Aprile («L’Italia è finita») e se avesse letto bene i libri dei neoborbonici, avrebbe fatto uno scoop vero: avrebbe scoperto che Pino Aprile non è affatto «neoborbonico», che in quelle pagine non ci sono affatto «vittimismi» o «nostalgie» e che quel passato non è «idealizzato» ma reale e lo attestano le fonti usate in quei libri, da quelle archivistiche a quelle di accademici aggiornati, onesti e documentati, da Daniele a Malanima, da Ciccarelli a Fenoaltea, Collet, Tanzi, De Matteo o lo stesso Davis («la tesi dell’arretratezza preunitaria meridionale fu una invenzione dei risorgimentalisti per giustificare i loro fallimenti»). Prevale, allora, invece di analizzare libri e tesi, la tendenza al giudizio provocatorio e «leggero» su temi che andrebbero affrontati in maniera attenta e articolata (qualcuno dica a Polito che Veneto, Lombardia ed Emilia stanno davvero sfasciando l’Italia con la loro «secessione dei ricchi», come l’ha felicemente definita Gianfranco Viesti: altro che i «sogni» di Aprile o dei neoborbonici…). Del resto Polito, sia da senatore di area-Pd che da scrittore forse non ha mai approfondito temi legati al Sud o alla questione meridionale: si ricordano, di lui, diversi e interessanti libri legati al socialismo, a destre, sinistre e al ruolo dei padri, esperienze giovanili nei gruppi maoisti, interventi parlamentari riferibili al regime militare in Myanmar, all’intellettuale iraniano Ramin Jahanbeloo o alla «partecipazione italiana alla ricostituzione delle risorse di Fondi e Banche internazionali» (fonte: Senato.it). Così Polito preferisce un neomelodico ad un neoborbonico e possiamo capirlo: i neoborbonici hanno per lui la stessa (odiosa) funzione del famoso grillo parlante quando (da 25 anni) denunciano la gravità di una questione meridionale che è colpa di un sistema nord-centrico con la complicità (altrettanto colpevole) delle classi dirigenti locali tra le quali (da 150 anni) non risultano neoborbonici ma risultano diversi senatori, diversi direttori di giornali, diversi opinionisti di giornali locali e nazionali.
Quelli che, recandosi magari ogni tanto al cinema a vedere qualche bella commedia, assistono con sereno distacco alla partenza di centinaia di migliaia di meridionali (soprattutto giovani e soprattutto in questi anni) stando attenti ad evitare qualsiasi (faticosa) forma di autocritica e dedicandosi, distrattamente, alla critica di Aprile e dei neoborbonici.