Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il sindaco e il pasticcio dei consiglieri delegati
Caro direttore, da qualche settimana il Corriere del Mezzogiorno, con i puntuali articoli di Paolo Cuozzo, ha dato notizia della possibilità che il sindaco di Napoli, al fine di coinvolgere tutte le parti della sua maggioranza, possa introdurre la figura dei «consiglieri delegati», ai quali affidare deleghe di governo di carattere assessoriale. Intenderebbe usare dunque questo artifizio per calmierare le tante richieste di «visibilità politica» che le sole 11 posizioni di assessore possibili non riescono a soddisfare.
Questa eventualità però, rischia di creare un conflitto di competenze e di funzioni che la legge non consente, almeno nei termini di cui si sta parlando. Anche chi approccia distrattamente nel mondo delle istituzioni percepisce subito la differenza di ruoli tra consiglio comunale, giunta comunale e sindaco. E lo capisce senza bisogno di leggere gli art. 36 e 42 del Tuel (testo unico leggi enti locali) che declinando i ruoli, scolpiscono nel marmo che la posizione sia del Consiglio comunale che dei singoli consiglieri deve essere distante e terza rispetto all’azione politica e amministrativa del sindaco e degli assessori della sua giunta comunale.
Il Consiglio comunale, infatti, svolge il ruolo di indirizzo e di controllo assegnatogli dalla legge, proprio sull’attività del sindaco e degli assessori, nonché dei dirigenti e dei funzionari, in pratica verso chi propone atti, provvedimenti e delibere e chi li mette in esecuzione. Non solo, verifica periodicamente l’attuazione delle linee programmatiche del sindaco e dei singoli assessori. Tutto ciò fermo restando l’autonomia deliberativa del consiglio che però, ahimè, rarissimamente viene messa in campo.
Tornando al nostro caso di specie, si verificherebbe che il controllore per legge, il consigliere comunale, si troverebbe ad essere anche controllato in veste di consigliere delegato. E chi controlla il controllore che si auto controlla? Un vero pasticcio istituzionale.
Che dire poi delle differenze imbarazzanti che si creerebbero tra consiglieri dello stesso ente che verrebbero percepiti dall’opinione pubblica non più come soggetti istituzionali con medesime funzioni e poteri, ma come consiglieri di seria A e di serie B.
Che impaccio e che confusione nel leggere magari un’interrogazione a se stesso o quella di un consigliere che interroga il proprio collega…
Infatti, queste motivazioni contrarie, scaturite da precedenti scontri amministrativi, si sono tramutati in veri e propri contenziosi giurisdizionali davanti a Tribunali Amministrativi competenti.
Precisamente Tar Puglia (sentenza nr. 4499/2006) e Tar Toscana (sentenza n. 1248/2004).
La prima delimita le funzioni dei consiglieri comunali delegati a compiti propositivi e di consulenza, con espresso divieto di partecipare alle sedute di giunta, di firmare atti del sindaco e di avere deleghe generali e statuariamente previste per gli assessori della giunta comunale, nonché poteri ulteriori rispetto ad altri Consiglieri Comunali.
La seconda ha stabilito che il consigliere delegato non può essere chiamato a gestire direttamente un settore dell’amministrazione per conto del sindaco, perché si troverebbe contemporaneamente nella posizione di controllato, e che eventualmente questa figura deve in ogni caso essere prevista appunto per Statuto, dove deve essere specificatamente indicato che è esclusa la possibilità di partecipare alle sedute di Giunta, di avere poteri decisionali di alcun tipo e, soprattutto, che questo non abbia poteri ulteriori rispetto a quelli degli altri consiglieri si possa ammettere una delegabilità da parte del Sindaco ad un consigliere comunale delegato di alcune competenze, competenze che però non comportino l’adozione di atti a rilevanza esterna o compiti di amministrazione attiva, ma solo deleghe tassativamente limitate ad approfondimenti collaborativi per l’esercizio diretto di quelle funzioni peculiari del sindaco, che ne è rimane titolare.
E quindi, alla luce considerazioni espresse dai due tribunali, se a questa figura non si possono attribuire poteri effettivi, se non possono avere poteri uguali a quegli degli assessori e maggiori di quelli dei proprio omologhi consiglieri comunali, a cosa servirebbero se non a risolvere problemi politici di maggioranza del primo cittadino? E ciò al costo di farci cadere nella confusione istituzionale di funzioni e potere più totale, consegnandoci figure ibride e indefinite in un ambito, quello amministrativo, che necessita, invece, di certezze e punti di riferimento autorevoli.
Ex presidente commissione urbanistica
del Comune di Napoli