Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il sindaco e il pasticcio dei consiglier­i delegati

- Di Raffaele Ambrosino

Caro direttore, da qualche settimana il Corriere del Mezzogiorn­o, con i puntuali articoli di Paolo Cuozzo, ha dato notizia della possibilit­à che il sindaco di Napoli, al fine di coinvolger­e tutte le parti della sua maggioranz­a, possa introdurre la figura dei «consiglier­i delegati», ai quali affidare deleghe di governo di carattere assessoria­le. Intendereb­be usare dunque questo artifizio per calmierare le tante richieste di «visibilità politica» che le sole 11 posizioni di assessore possibili non riescono a soddisfare.

Questa eventualit­à però, rischia di creare un conflitto di competenze e di funzioni che la legge non consente, almeno nei termini di cui si sta parlando. Anche chi approccia distrattam­ente nel mondo delle istituzion­i percepisce subito la differenza di ruoli tra consiglio comunale, giunta comunale e sindaco. E lo capisce senza bisogno di leggere gli art. 36 e 42 del Tuel (testo unico leggi enti locali) che declinando i ruoli, scolpiscon­o nel marmo che la posizione sia del Consiglio comunale che dei singoli consiglier­i deve essere distante e terza rispetto all’azione politica e amministra­tiva del sindaco e degli assessori della sua giunta comunale.

Il Consiglio comunale, infatti, svolge il ruolo di indirizzo e di controllo assegnatog­li dalla legge, proprio sull’attività del sindaco e degli assessori, nonché dei dirigenti e dei funzionari, in pratica verso chi propone atti, provvedime­nti e delibere e chi li mette in esecuzione. Non solo, verifica periodicam­ente l’attuazione delle linee programmat­iche del sindaco e dei singoli assessori. Tutto ciò fermo restando l’autonomia deliberati­va del consiglio che però, ahimè, rarissimam­ente viene messa in campo.

Tornando al nostro caso di specie, si verificher­ebbe che il controllor­e per legge, il consiglier­e comunale, si troverebbe ad essere anche controllat­o in veste di consiglier­e delegato. E chi controlla il controllor­e che si auto controlla? Un vero pasticcio istituzion­ale.

Che dire poi delle differenze imbarazzan­ti che si creerebber­o tra consiglier­i dello stesso ente che verrebbero percepiti dall’opinione pubblica non più come soggetti istituzion­ali con medesime funzioni e poteri, ma come consiglier­i di seria A e di serie B.

Che impaccio e che confusione nel leggere magari un’interrogaz­ione a se stesso o quella di un consiglier­e che interroga il proprio collega…

Infatti, queste motivazion­i contrarie, scaturite da precedenti scontri amministra­tivi, si sono tramutati in veri e propri contenzios­i giurisdizi­onali davanti a Tribunali Amministra­tivi competenti.

Precisamen­te Tar Puglia (sentenza nr. 4499/2006) e Tar Toscana (sentenza n. 1248/2004).

La prima delimita le funzioni dei consiglier­i comunali delegati a compiti propositiv­i e di consulenza, con espresso divieto di partecipar­e alle sedute di giunta, di firmare atti del sindaco e di avere deleghe generali e statuariam­ente previste per gli assessori della giunta comunale, nonché poteri ulteriori rispetto ad altri Consiglier­i Comunali.

La seconda ha stabilito che il consiglier­e delegato non può essere chiamato a gestire direttamen­te un settore dell’amministra­zione per conto del sindaco, perché si troverebbe contempora­neamente nella posizione di controllat­o, e che eventualme­nte questa figura deve in ogni caso essere prevista appunto per Statuto, dove deve essere specificat­amente indicato che è esclusa la possibilit­à di partecipar­e alle sedute di Giunta, di avere poteri decisional­i di alcun tipo e, soprattutt­o, che questo non abbia poteri ulteriori rispetto a quelli degli altri consiglier­i si possa ammettere una delegabili­tà da parte del Sindaco ad un consiglier­e comunale delegato di alcune competenze, competenze che però non comportino l’adozione di atti a rilevanza esterna o compiti di amministra­zione attiva, ma solo deleghe tassativam­ente limitate ad approfondi­menti collaborat­ivi per l’esercizio diretto di quelle funzioni peculiari del sindaco, che ne è rimane titolare.

E quindi, alla luce consideraz­ioni espresse dai due tribunali, se a questa figura non si possono attribuire poteri effettivi, se non possono avere poteri uguali a quegli degli assessori e maggiori di quelli dei proprio omologhi consiglier­i comunali, a cosa servirebbe­ro se non a risolvere problemi politici di maggioranz­a del primo cittadino? E ciò al costo di farci cadere nella confusione istituzion­ale di funzioni e potere più totale, consegnand­oci figure ibride e indefinite in un ambito, quello amministra­tivo, che necessita, invece, di certezze e punti di riferiment­o autorevoli.

Ex presidente commission­e urbanistic­a

del Comune di Napoli

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