Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Rosy Rox: «Il mio quartiere ha bisogno d’aiuto»
L’artista ha imbastito un workshop sulla gradinata: invitavo il pubblico a salirla insieme a me
Rosy Rox è in quel folto gruppo di artisti, musicisti e performer napoletani che, credendo nelle iniziative «dal basso» o private oppure «ibride» per il recupero di larghe fette del territorio, come l’esperimento Quartiere Intelligente di Montesanto, vi hanno preso parte convintamente anche sulla cresta dell’onda arancione e degli inviti all’iniziativa lanciati da questa amministrazione. Inviti non seguiti, stando alle testimonianze degli operatori raccolte in queste pagine, da interventi collaborativi concreti.
Rosy, Cristina De Stasio e molti altri lamentano d’essere stati lasciati sostanzialmente soli nell’opera di recupero rionale avviata, tu che ne pensi?
«Penso che è difficile ogni recupero e di quella scala in particolare, che ha bisogno di interventi frequenti; mi è piaciuto molto lavorare col Quartiere Intelligente anche perché abito a Montesanto e vedere quella scala così bella, deserta e degradata, non è mai stato un bello spettacolo. Ci ho fatto un worskhop con materiali non inquinanti organizzando una pulizia conte- stuale, nella mia performance invitavo il pubblico a salirla insieme a me, l’ho trattata come una ferita della città; ma richiede cura costante e spesso è mal frequentata, quando Quartiere Intelligente è aperto la salgo altrimenti ci penso su, aspetto che ci sia movimento. Spero che QI abbia intenzione di resistere».
L’ex sindaco Marone dice che ai giardini si sono sostituiti percorsi di guerra.
«Il mio quartiere è sicuramente complesso e lavorarci è faticoso, mentre facevo la performance in cima ad una scala dovevo stare comunque attenta ai ragazzi, a quello che facevano e toccavano, magari era rimasta qualche siringa usata per terra... quella scala è un facile nascondiglio, un posto vuoto ed è un peccato perché anche i turisti vorrebbero percorrerla; dopo la mia performance qualcuno l’ha utilizzata per mostre ed altro, ma se chiude QI non può che peggiorare».
Quanto è importante l’arte urbana per la riqualificazione del territorio?
«E’ necessaria, io lavoro molto alla parte sociale coinvolgendo le persone del quartiere, cercando di sensibilizzare e quando parliamo d’arte urbana parliamo di tutti noi e tutti hanno la possibilità, nell’occasione, di vedere la realtà che li circonda da un altro punto di vista magari percependone una visione più poetica e di speranza. Della mia performance, Monumento di Passaggio, conservo emozioni forti per il contatto con la gente che faceva domande, l’impatto con la vita del posto, ero su una scala come un palco in verticale e il pubblico era anche quello affacciato alle finestre di casa; i ragazzi del quartiere firmavano una scia bianca lasciata sulla scalinata col proprio nome come a dire qui ci abito anche io. Ho donato il mio lavoro convinta che sia anche un lavoro di educazione sulla città, come tanti altri artisti i cui lavori importanti dicono sostanzialmente che è con l’impegno di tutti che si può risollevare una città».