Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Escher amava la Campania, così ritorna a casa»
«Abbiamo riportato Escher a casa, perché questa era la regione che amava più di ogni altra, in particolate la Costiera Amalfitana dove soggiornò a lungo incontrando l’amore della sua vita, Jetta Umiker, e dove trasse maggiore ispirazione per il suo lavoro. Una terra da cui fu costretto ad allontanarsi solo a causa dell’inasprirsi della politica xenofoba del fascismo».
A parlare è Mark Veldhuysen, curatore con Federico Giudiceandrea della grande mostra dedicata al maestro olandese nato nel 1898 che il Pan ospiterà fino al 22 aprile. Una confezione con duecento opere, molto patinata e professionale, costruita sull’intrigo di un itinerario elegantemente allestito e più volte interattivo, secondo gli standard qualitativi di Arhemisia, firma di punta dell’organizzazione di mostre italiane e internazionali, che mettono insieme cultura, didattica e blockbuster. Attualmente per esempio, «schiera» Chagall ad Asti, Warhol a Bologna, e lo stesso Escher a New York, tanto per citarne alcune. Già, proprio l’originale maestro olandese scomparso nel 1972, che si sdoppia fra la grande mela e Napoli, cosa del tutto possibile, a partire dalla sua natura di artista seriale. Genio dell’invenzione ma autore soprattutto di tecniche a stampa come la xilografia in legno e in linoleum, e la litografia in pietra. Forme riproduttive antiche, mutuate dalla grande scuola tedesca e fiamminga, si pensi a Dürer e Rembrandt. Ma con una grande differenza, ovvero l’orizzonte della sua indagine, non riproduttiva della realtà, quanto dell’ambiguità della percezione. Ed infatti ripercorrendo un itinerario insieme cronologico e tematico, il ciclo di Palazzo Roccella focalizza proprio questo, ovvero le traiettorie di un ricerca sulla relazione fra vuoto e pieno, fra spazio e oggetto, capace di generare imprevedibili e bivalenti effetti percettivi, favoriti dal ricorrente uso del bianco e nero. Paesaggi che diventano animali, figure zoomorfe che da pesci si trasformano in uccelli al solo mutare dell’intenzione visiva, prospettive che si annullano nei labirinti delle sovrapposizioni architettoniche, ammirate soprattutto in centri come Atrani o Ravello. Tutto il repertorio escheriano concepito tra fine anni ‘20 e ’60 si offre così all’osservazione del pubblico, attenta e scientifica, ma anche rapida e impressiva. Grazie a sequenze tematiche che raccolgono i lavori principali dell’artista che guarda alla frattalità matematica e al gioco delle successioni circolari, ed in cui non sarà difficile scorgere opere rese famose dalle tante riproduzioni, usate anche come linguaggio grafico e pubblicitario, ed in cui sembra incontrarsi a volte con il Surrealismo di Magritte. Dal celebre «Vincolo di unione» alla «Buccia», dalla «Relatività» a «Convesso e concavo», da «Giorno e notte» ad «Atrani, costiera amalfitana», da «Mano con sfera riflettente» alle copertine firmate per i Pink Floyd e alle scatole di cacao della Drost, in cui l’immagine della donna che porta un vassoio di cioccolata calda sembra potersi riprodurre all’infinito fino a scomparire.