Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Bonisoli: riapriamo i Girolamini Piazza Plebiscito, occorre dialogare
Alberto Bonisoli, ministro
ERCOLANO dei Beni culturali, attraversa le stanze, il frigidarium,
poi il tepidarium, infine il calidarium, delle terme di Ercolano. Uniche al mondo per bellezza e conservazione. Si ferma con il direttore del parco archeologico — un cratere nel centro della città tra mare e collina — Francesco Sirano, il quale non può far altro che dire: «Purtroppo sono chiuse». Mancano i restauratori. Come mancano i bibliotecari per riaprire i Girolamini, una delle sue prime tappe napoletane. «Questo è il problema dei problemi. Qualsiasi risorsa la impegnerò per assumere nuovo personale nei beni culturali. Riapriremo anche i Girolamini. E mi faccia dire grazie ai due angeli che sinora li hanno tutelati».
Due giorni campana per il responsabile del Mibac, oggi tocca a Ravello e alle Ville vesuviane. E la notazione cronachistica è il costante riferimento del ministro a una locuzione «ragionato pragmatismo», che fa molto manager come da curriculum. La stessa che sulla vicenda delle Catacombe della Sanità gli fa rispondere: «Adoro le catacombe, ma non conosco la questione, ne ho letto solo stamane. Mi informerò».
Ministro, partiamo dal caso delle griglie del Plebiscito? Alla fine il ministero ha sconfessato il soprintendente che le aveva autorizzate.
«Non la metterei in questi termini. Quello che può fare qualcuno che svolge il mio ruolo è dare indicazioni di tipo politico. Quelle che ho dato a tutti i soprintendenti è di avere un ragionato pragmatismo. Il punto di partenza è la tutela. Ma non vuol dire che siamo all’interno di un esoscheletro immutabile, ma che dobbiamo valutare tutte le opportunità e le azioni alternative, in modo da prendere la decisione più saggia e più corretta. Vuol dire che sono contento che venga realizzata la nuova linea della metro, ma che sono preoccupato che non si vada a rovinare l’impianto della piazza. Non conosco nel merito la questione, perché non so neanche dove siano le griglie, non ho le competenze per dire qualcosa di sensato, ma sono abbastanza tranquillo che, con un minimo di dialogo tra soprintendenza, comune e ministero la quadra si possa trovare».
Quindi difende i soprintendenti?
«Le soprintendenze hanno bisogno di essere motivate. Se posso, faccio una riflessione critica verso l’atteggiamento di un certo tipo di politica che le vedeva come un fastidio, un problematico elemento nel processo decisionale. Non è colpa dei soprintendenti, ma è colpa del politico se non sono riuscito a raccontare che quel passaggio non è l’ennesimo ostruzionismo di un talebano che vuole fermare il progresso, ma attenzione verso la propria casa. In questo senso vanno motivati e protetti nella loro autonomia, non è il ministro che alza il telefono, cambia le tue decisioni, ma il ministro dice: attenzione, trovate una quadra, come avvenuto per piazza Plebiscito».
Continua a difendere anche la riforma Franceschini?
«Quando me l’hanno descritta come qualcosa di negativo ho risposto che la parte negativa riguarda il come è stata realizzata. Alcuni aspetti non mi trovano contrario. Il fatto che ci siano i musei separati dalle soprintendenze è giusto. Ci sono aspetti organizzativi che non vanno».
In Campania sia la Reggia di Caserta, sia i Campi flegrei non hanno direttori.
«La Reggia lo avrà, sui Campi flegrei vorrei fare un ragionamento diverso, di sistema».
I Girolamini sono chiusi, nella sala Rari della Biblioteca nazionale che lei ha visitato ci sono state perdite d’acqua, il San Carlo andrebbe di nuovo restaurato.
«Per assurdo mi preoccupa meno quando piove in una stanza, anche se è la Rari. Si prende un muratore e lo si fa lavorare. Quando mi manca il personale in un luogo così importante come i Girolamini non puoi prendere la prima persona che passa. Perciò per me sono prioritarie le assunzioni al ministero. Quanto al San Carlo e Palazzo Reale hanno bisogno di manutenzione, più che di soldi. Mi spiego: io non ho amministrativi, tranne in qualche caso. Le due figure mancanti sono le persone capaci di portare a termine processi amministrativi. Poi noi dobbiamo dare una limata al codice degli appalti, ma manca chi sa fare i bandi. Se li faccio fare agli storici o agli archeologi non hanno le competenze. Ci mettono buon senso poi i bandi vengono impugnati, finiscono davanti al Tar e si ricomincia daccapo».
Le assunzioni sono in manovra?
«Nella legge di bilancio c’è un primo passo per alzare il livello di organico attuale e riportarlo molto vicino al massimale mai raggiunto».
Quindi si parte dallo sblocco del turn over?
«Certo. Servirebbero a regime seimila assunzioni nei beni culturali nei prossimi 5/6 anni. Almeno la metà dal 2019. E vi do una buona notizia: subito partiranno le assunzioni per 160 restauratori. Perché, come si faceva contenimento dei costi nel pubblico? Non assumendo personale dopo i pensionamenti. Abbiamo entrate massicce negli anni ‘80 di operai di una tal fabbrica, una sanatoria, poi più nulla. Una delle conseguenze è il blocco generazionale, perciò voglio assumere un po’ alla volta».
Conosce il piano lavoro del governatore De Luca? Si parla di diecimila assunzioni.
«Non lo conosco, ma se prendo diecimila persone oggi che hanno 28 anni tra trent’anni ne avranno 58. Ci sarà un blocco generazionale. Per questo vogliamo scaglionare le assunzioni. Magari facciamo meno politica, meno comunicazione, sarà un costo che si paga, ma lasceremo qualcosa di più operativo e gestibile per il futuro».
Ha incontrato il generale Cipolletta responsabile del progetto per la buffer zone del Grande progetto Pompei, cosa avete deciso?
«Che dopo dieci anni i progetti hanno bisogno di un tagliando. Ma l’ultima cosa che voglio è non rimettere mano al Piano strategico, altrimenti tra un anno saremo ancora qua a fare convegni e non è serio, se fossi un cittadino campano mi arrabbierei. Prendendomene la responsabilità dirò in qualche
”
Pompei
«Non rimetterò mano al Grande Piano strategico, ma farò alcune verifiche»
caso che non si fa più. Attualizziamo i progetti. Alla fine del mio mandato voglio essere ricordato come Mastro Lindo, uno che ha svuotato i cassetti e speso tutte le risorse».
Un’ultima domanda. Cosa pensa del condono di Ischia?
«È una bella domanda. Una cosa ho capito, sono stato a Casamicciola e ho visto che c’erano state delle crepe, dei problemi strutturali ma le case erano rimaste in piedi. E li le considerazioni che faccio sono due. La prima: evitare quello che sembrava stesse succedendo e che cioè tutta Ischia diventasse terremotata. E già successo. Per una zona terremotata molto limitata, la soluzione che è stata presa alla fine non mi entusiasma ma la trovo pragmatica».
Sul Plebiscito nessuna sconfessione per il soprintendente, ma richiesta di dialogo tra istituzioni Alla fine del mandato voglio essere ricordato come uno che ha svuotato i cassetti e speso le risorse