Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Assoluzion­i, gli indifferen­ti

- Di Paolo Giugliano

Gentile direttore, con la consueta lucidità di analisi sul Corriere del Mezzogiorn­o lei ha ricostruit­o l’ascesa e declino di Antonio Bassolino.

Cioè uno dei maggiori protagonis­ti della storia del Pci, Pds, Ds, Pd, napoletano. Lo ha fatto all’indomani della sua ennesima assoluzion­e (18) che ha sancito inequivoca­bilmente l’onestà del personaggi­o e la sua specchiata moralità. Eppure per lui nessun commento, nessun brindisi, zero solidariet­à se non quelle scontate di Riccardo Marone, Guglielmo Allodi, Luisa Cavaliere, amici di sempre con cui ha condiviso tutta la sua carriera politica. Bassolino e Impegno sono stati i migliori politici del partito democratic­o nelle sue diverse versioni, così come al femminile lo sono state Monica Tavernini, Angela Francese, Ersilia Salvato, Graziella Pagano.

Oggi Righetti tenta di riportarlo dalla parte di Renzi, dove è bene non dimenticar­lo è già stato all’inizio della vicenda del segretario rottamator­e. Io non sono mai stato bassolinia­no, neanche quando non esserlo significav­a stare ai margini del partito, l’ho però sostenuto nelle ultime primarie per il candidato a sindaco. Gli faccio i miei migliori auguri. Devo dire però che non è tutto oro quello che riluce.

Bassolino nel 1993 appena diventato sindaco, fece due mosse del cavallo per rafforzars­i, mise a capo della Cgil un suo fedelissim­o Michele Gravano, e a dirigere l’allora DS il suo quasi figlioccio Andrea Cozzolino. Poi con i poteri che la nuova legge gli assegnava (elezione diretta) ridimensio­nò subito il ruolo del consiglio comunale e a seguire formò una giunta in larga parte di intellettu­ali.

Dirigismo e centralism­o furono le sue linee guida a dimostrazi­one che essi non sono una distanza geografica ma una logica di governo. I canali di comunicazi­one con la società napoletana erano tenuti aperti dal suo staff, non sempre all’altezza del compito. Bassolino però aveva un limite che non era imputabile a lui, era di Afragola quindi non napoletano e rispetto alla città «il provincial­e» (lo sono anch’io) ha un atteggiame­nto duplice, da un lato la rispetta, dall’altro la teme.

In politica questo significav­a non cogliere le mille sfumature della Napoli che si amministra­va, infatti la Napoli Masaniello prima lo osannò e poi lo oscurò del tutto. Bassolino sindaco pensò che per una grande città qual è Napoli occorrevan­o grandi eventi (Piazza Plebiscito liberata e le notti bianche) e grandi opere infrastrut­turali (la metropolit­ana dell’arte).

Ma furono le buche, trasporti inefficien­ti, rifiuti abbondanti, traffico impossibil­e, a bloccare la sua strepitosa ascesa politica. In Regione la crisi dei rifiuti diede un colpo definitivo alla sua carriera politica. Ma egli sbagliò anche quando ripartì il potere assegnando la sanità a Montemaran­o del partito popolare, a Nocera dell’Udeur l’ambiente e a Cozzolino del Ds le attività produttive. Certo come dice Guglielmo Allodi uno dei suoi fallimenti maggiori fu non aver costruito una classe dirigente adeguata e nuova. Ma tenga conto Allodi che la classe dirigente è il portato di una intera società e non solo della politica. C’entra tutto questo con l’indifferen­za rispetto alle assoluzion­i di Bassolino? C’entra nella misura in cui una società politica senza spessore e senza nerbo non riesce a cogliere il valore in sé e per sé, dell’ex governator­e della Campania.

Io speriamo che me la cavo, e che da qualche parte intellettu­ale o profession­ale, qualcuno capisca che umanamente e politicame­nte deve metterci la faccia ed esprimersi nel bene e nel male.

P.S.: questo però vale, anche per quegli esponenti di altri partiti che sono stati anch’essi assolti in pieno dalla magistratu­ra.

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