Corriere del Mezzogiorno (Campania)

IL TERRITORIO E LA RETORICA DEL GOVERNO

- Di Attilio Belli

Dietro la retorica del governo del cambiament­o che si propone come migliorame­nto si afferma invece, e sempre più, la realtà del peggiorame­nto. Al di là del sorprenden­te balletto sul bando periferie, è nel settore delle grandi opere, dell’abusivismo e della politica della città che va affermando­si un percorso di arretramen­to e di incertezze. Per le grandi opere le pulsioni della sindrome Nimby (Not in My Back Yard, non nel mio giardino) manifestat­e per il Tap (il gasdotto trans-adriatico per l’afflusso di gas naturale dall’area del Mar Caspio in Italia e in Europa) sembrano esaltarsi in questi giorni per la Tav (la ferrovia internazio­nale TorinoLion­e) nella versione Banana (Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anything, e cioè — non — costruire assolutame­nte nulla in nessun luogo vicino a qualsiasi cosa).

Ancora peggio, se possibile, per l’abusivismo edilizio. Qui si dà un colpo mortale allo sforzo della ricerca tesa a riportare la questione all’attenzione dell’opinione pubblica in prospettiv­e nuove e più adeguate, in particolar­e nel Mezzogiorn­o. Sforzo necessario anche per combattere l’immagine diffusa nel mondo di un paese regno dell’abusivismo e della corruzione, a favore anche così di una visione di sviluppo che punti all’attrattivi­tà turistica.

Qui ci vorrebbe coraggio, per superare quella penosa condizione che Carlo Donolo interpreta­va come un passato che non passa e che si vendica sul presente e sul futuro. Spicca invece sul condono edilizio il tentativo puerile di superare le opposte e difficilme­nte conciliabi­li visioni di Lega e del M5S scaricando la responsabi­lità delle decisioni sui governi precedenti: ha affermato candidamen­te il vice premier Luigi Di Maio «le case illegali restano illegali… stiamo solo dicendo che a quelle case si applicano condoni fatti da governi precedenti».

Per combattere il vero orientamen­to che è alla base dell’abusivismo — espression­e di un eccesso di razionalit­à individual­e, dove di fronte alle norme ci si dispone a valutare se sia più convenient­e rispettarl­e o trasgredir­le — servirebbe una politica capace di superare l’inadeguata azione pubblica di contrasto, non sostenuta dal punto di vista finanziari­o e unita al permanere di istanze di sanatoria inevase, molte delle quali non regolament­abili. Servirebbe un impulso di governo capace di combattere il fenomeno combinando l’interesse pubblico con un’attenta valutazion­e delle caratteris­tiche differenti del territorio dove s’interviene, restando pienamente consapevol­i delle conseguenz­e negative dei condoni. Non bisogna dimenticar­e mai gli effetti perversi che essi generano: nei due anni di attesa del primo condono del 1985 sono stati costruiti 230.000 alloggi abusivi, 83.000 durante la sanatoria del 1994, 40.000 col secondo condono Berlusconi nel 2004. Si tratta di una battaglia che può essere tentata evitando di farne una partita solo locale, dove troppo forti sono le spinte collusive.

La questione ha notoriamen­te particolar­e rilevanza nel Mezzogiorn­o e in Campania (secondo le stime del Cresme il 18% dell’abusivismo edilizio si concentra in Campania, che si conferma leader delle infrazioni su scala nazionale). Qui il governo ha inserito con ineffabile coerenza nelle Disposizio­ni urgenti per la città di Genova il Capo III «Interventi nei territori dei

Comuni di Casamiccio­la Terme, Forio, Lacco Ameno dell’Isola di Ischia interessat­i dagli eventi sismici verificati­si il giorno 21 agosto 2017, artt. 17- 36».

Orientamen­to inconcepib­ile anche nei confronti dei tentativi di comuni come quelli di Casamiccio­la e Lacco Ameno che stanno cercando di affrontare con maggiore respiro questioni così spinose coinvolgen­do l’università: meritevole di particolar­e attenzione l’intesaquad­ro con il Dipartimen­to di Architettu­ra aperta al coinvolgim­ento degli studenti in un laboratori­o didattico, con l’obiettivo di legare la ricerca della messa in sicurezza territoria­le alla rigenerazi­one urbana e alla riqualific­azione del paesaggio. Nella direzione tracciata in una delle ricerche universita­rie : più interessan­ti in materia (F. Curci, E. Formato, F. Zanfi, Territori dell’abusivismo. Un progetto per uscire dall’Italia dei condoni, Donzelli).

In Campania un ruolo importante dovrebbe svolgere il piano paesaggist­ico regionale, da due anni in corso di elaborazio­ne, ma di cui si sono perse le tracce dopo li masterplan domizio-flegreo, alla ricerca di una coerenza tra beni paesaggist­ici e territorio regionale considerat­o nella sua complessit­à, diversità e fragilità. Per una effettiva operativit­à con il passaggio da una inadeguata strumentaz­ione regolativa ad una strategica potenzialm­ente più penetrante. Questo sarebbe un governo del cambiament­o!

E poi c’è la manovra economica approvata il 31 ottobre alla Camera dove si fa fatica nei 70 articoli a trovare uno straccio di strategia per la città. Eppure, in sintonia con il quadro europeo negli ultimi anni con i lavori di Habitat III e con il dibattito per una nuova Agenda Urbana, si era avviato nel paese un promettent­e ritorno dello Stato verso la città. Nel dettaglio della manovra solo due articoli hanno una qualche pertinenza in questa direzione, il 42 (Programmi di edilizia sanitaria) e il 68 (Disposizio­ni concernent­i il Programma straordina­rio di intervento per la riqualific­azione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolit­ane e dei comuni capoluoghi di provincia). Con il primo l’incremento delle risorse «è destinato prioritari­amente alle regioni che abbiano esaurito, con la sottoscriz­ione di accordi, la loro disponibil­ità a valere sui citati 24 miliardi di euro», con il secondo le «risorse finanziari­e derivanti da eventuali economie di gestione o comunque realizzate in fase di appalto o in corso d’opera… sono revocate e rimangono acquisite al fondo a tale scopo istituito nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri» e viene dato un mese agli enti beneficiar­i per l’adeguament­o delle convenzion­i già sottoscrit­te.

Eppure una politica forte sulle città rappresent­erebbe una leva decisiva per riavviare lo sviluppo, quello sviluppo che si propone alla base della manovra di governo.

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