Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Terra dei fuochi o dei cuori Ma il rilancio?
Incontrarsi e non dirsi niente. Se si cerca una sintesi breve ed esauriente della riunione di Caserta, eccola cotta e mangiata.
Sui roghi ammorbanti della Terra dei Fuochi e sui modi per stroncarli infliggendo un colpo mortale alla camorra il solco che divide le due squadre si è addirittura allargato e questo fa presagire il peggio, sulle altre questioni è stata scena muta: il premier e la sua squadra non hanno risposto né alla domanda cruciale di Antonio Polito («Fico e Di Maio diteci dove mettiamo l’immondizia») né alla seconda e fondamentale istanza sul recupero del ruolo centrale dell’agricoltura nel territorio della ex Campania Felix devastato e mai presidiato. Nessuno ne ha parlato, soprattutto ha taciuto il ministro dell’Ambiente eppure il generale Costa, dall’alto del comando del Corpo Forestale campano poi incorporato nell’arma dei carabinieri, è sicuramente il più documentato sulla Terra dei Fuochi. Che, per il martellante clamore delle indagini, è stato, si può dire, il suo trampolino di lancio. La casistica è ricca di citazioni, ma una in particolare a suo tempo scosse l’opinione pubblica: il generale sostenne che, attraversando un campo coltivato a cavoli, venne investito da esalazioni pestilenziali che rovinarono («sciolsero») la divisa.
E approvò la decisione, altrettanto clamorosa, di don Patriciello parroco del Parco Verde di Caivano – quello degli orrori – il quale sistemò sull’altare un cesto di pomodori degli orti di Caivano dicendo ai fedeli di non toccarli perché, secondo l’Arpac, erano avvelenati. Una pagina bruttissima che fece il giro del mondo. E, soprattutto, fece scandalo. L’intento del sacerdote era caritatevole, naturalmente, ma la sortita, per l’autorevolezza dei pulpiti dei due protagonisti, provocò un danno economico e, soprattutto, di immagine incalcolabile. Dal quale l’agricoltura della Terra dei Fuochi nonostante gli agricoltori, negli anni, siano stati tutti assolti, non si è più ripresa a pieno nonostante la Cassazione abbia sentenziato, su istanza di un imprenditore difeso dall’avvocato De Scisciolo, che i prodotti degli orti incriminati andavano considerati al di sopra di ogni sospetto e che gli agenti ritenuti più pericolosi – come il berillio – erano, al contrario, preziosi per la crescita dei prodotti perché nutriti dalla terra vesuviana.
Gli unici attestati di stima i contadini li hanno ricevuti dagli imprenditori europei e italiani; chi scrive ha avuto la ventura di assistere ad una scena surreale: nell’aia di un podere sequestrato per reati infamanti il tir di un supermercato tedesco caricava tranquillamente insalata, pomodori ed altri prodotti. Intermezzo all’italiana, insomma, certificato dai periti tedeschi che autorizzavano l’acquisto dopo aver sottoposto la mercanzia ad una analisi che ne attestava la qualità. Non è mai stato trovato un solo pomodoro avvelenato e gli esperti hanno avuto sempre facile gioco nel respingere gli attacchi.
Ora che la situazione è in stand-by, quindi, sarebbe stato lecito attendersi l’annuncio di un progetto di rilancio del settore, ma l’unica promessa fatta dal premier è un cambio di nome: non più Terra dei fuochi ma Terra dei cuori. Un solo commento: la «nuova» Italia è una pessima copia della «vecchia».
La riunione di Caserta Sarebbe stato lecito attendersi l’annuncio di un progetto di rilancio del settore