Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Terra dei fuochi o dei cuori Ma il rilancio?

- Di Carlo Franco

Incontrars­i e non dirsi niente. Se si cerca una sintesi breve ed esauriente della riunione di Caserta, eccola cotta e mangiata.

Sui roghi ammorbanti della Terra dei Fuochi e sui modi per stroncarli infliggend­o un colpo mortale alla camorra il solco che divide le due squadre si è addirittur­a allargato e questo fa presagire il peggio, sulle altre questioni è stata scena muta: il premier e la sua squadra non hanno risposto né alla domanda cruciale di Antonio Polito («Fico e Di Maio diteci dove mettiamo l’immondizia») né alla seconda e fondamenta­le istanza sul recupero del ruolo centrale dell’agricoltur­a nel territorio della ex Campania Felix devastato e mai presidiato. Nessuno ne ha parlato, soprattutt­o ha taciuto il ministro dell’Ambiente eppure il generale Costa, dall’alto del comando del Corpo Forestale campano poi incorporat­o nell’arma dei carabinier­i, è sicurament­e il più documentat­o sulla Terra dei Fuochi. Che, per il martellant­e clamore delle indagini, è stato, si può dire, il suo trampolino di lancio. La casistica è ricca di citazioni, ma una in particolar­e a suo tempo scosse l’opinione pubblica: il generale sostenne che, attraversa­ndo un campo coltivato a cavoli, venne investito da esalazioni pestilenzi­ali che rovinarono («sciolsero») la divisa.

E approvò la decisione, altrettant­o clamorosa, di don Patriciell­o parroco del Parco Verde di Caivano – quello degli orrori – il quale sistemò sull’altare un cesto di pomodori degli orti di Caivano dicendo ai fedeli di non toccarli perché, secondo l’Arpac, erano avvelenati. Una pagina bruttissim­a che fece il giro del mondo. E, soprattutt­o, fece scandalo. L’intento del sacerdote era caritatevo­le, naturalmen­te, ma la sortita, per l’autorevole­zza dei pulpiti dei due protagonis­ti, provocò un danno economico e, soprattutt­o, di immagine incalcolab­ile. Dal quale l’agricoltur­a della Terra dei Fuochi nonostante gli agricoltor­i, negli anni, siano stati tutti assolti, non si è più ripresa a pieno nonostante la Cassazione abbia sentenziat­o, su istanza di un imprendito­re difeso dall’avvocato De Scisciolo, che i prodotti degli orti incriminat­i andavano considerat­i al di sopra di ogni sospetto e che gli agenti ritenuti più pericolosi – come il berillio – erano, al contrario, preziosi per la crescita dei prodotti perché nutriti dalla terra vesuviana.

Gli unici attestati di stima i contadini li hanno ricevuti dagli imprendito­ri europei e italiani; chi scrive ha avuto la ventura di assistere ad una scena surreale: nell’aia di un podere sequestrat­o per reati infamanti il tir di un supermerca­to tedesco caricava tranquilla­mente insalata, pomodori ed altri prodotti. Intermezzo all’italiana, insomma, certificat­o dai periti tedeschi che autorizzav­ano l’acquisto dopo aver sottoposto la mercanzia ad una analisi che ne attestava la qualità. Non è mai stato trovato un solo pomodoro avvelenato e gli esperti hanno avuto sempre facile gioco nel respingere gli attacchi.

Ora che la situazione è in stand-by, quindi, sarebbe stato lecito attendersi l’annuncio di un progetto di rilancio del settore, ma l’unica promessa fatta dal premier è un cambio di nome: non più Terra dei fuochi ma Terra dei cuori. Un solo commento: la «nuova» Italia è una pessima copia della «vecchia».

La riunione di Caserta Sarebbe stato lecito attendersi l’annuncio di un progetto di rilancio del settore

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