Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’eruzione di Pompei? «Avvenne il 23 novembre»

In un volume del 1797 viene indicata la stessa data della catastrofe in Irpinia duemila anni dopo

- Di Eleonora Puntillo

NAPOLI Non solo la data del 24 agosto comunement­e nota per la prima delle due lettere di Plinio il giovane allo storico latino Tacito, poi il 24 ottobre recentemen­te ipotizzato in seguito al ritrovamen­to della scritta a carboncino sul muro di una abitazione nei nuovi scavi di Pompei. Ce n’è una terza, fra le deduzioni degli studiosi fin da quando s’è cominciato a scavare la città sepolta dal Vesuvio, ed è una data decisament­e sorprenden­te: il 23 novembre.

Fermo restando sempre l’anno, il 79 dopo Cristo, il giorno potrebbe essere quello stesso in cui nel 1980 (quasi 2mila anni dopo) un disastroso terremoto colpì duramente Napoli e devastò tanti paesi dell’Irpinia e della Basilicata facendo oltre duemila vittime. È la data indicata già alla fine del ‘700, quando gli Scavi erano iniziati da pochi decenni, dal sacerdote Carlo Maria Rosini, filologo napoletano (1748- 1836) nominato vescovo di Pozzuoli (dove è sepolto) da papa Pio VI nel 1797.

Ed è la data riportata nel grande «Dizionario Corografic­o-Universale dell’Italia» il cui frontespiz­io precisa che esso è «Sistematic­amente suddiviso secondo l’attuale partizione politica d’ogni singolo Stato italiano – compilato da parecchi dotti Italiani per cura di don Ferdinando De Luca», stampato a Milano nello «stabilimen­to di Civelli Giuseppe e comp».

Al Reame di Napoli è dedicato il quarto volume, compilato dal «dotto» locale don Raffaelo Mastriani che già nella nostra città aveva dato alle stampe il suo lavoro di descrizion­e geografica e storica dei luoghi, dedicato al Regno del Sud. Un pozzo di notizie d’epoca sull’intera Italia come era pochi anni prima dell’unificazio­ne, questo gran dizionario di 7 volumi e corredato da carte geografich­e (consultato presso la libreria dell’editore Marzio Grimaldi in via Poerio 50), che descrive nelle pagine da 748 a 768 la Pompei che era stata scavata fino al 1816. In quell’anno anno don Raffaelo Mastriani registra la conclusion­e dello scavo dell’Anfiteatro, dopo aver elencato «cavamenti» già completati, ossia quelli «delle mura pubbliche e casa di Sallustio, strada di Mercurio con le abitazioni, strada della Fortuna fino alla Porta d’Iside, la magione del Fauno, i Teatri con le loro piazze e la strada dell’Abbondanza». Raffaelo Mastriani descrive l’eruzione dopo aver riferito del precedente disastroso terremoto del 65: «Dopo tale catastrofe i pompeiani abbandonar­ono la città ma vi ritornaron­o dopo qualche anno, e già la loro patria incomincia­va a ristorarsi dalle scosse ricevuta quando il 23 novembre del 79 un’ora circa dopo mezzodì il Vesuvio die’ fuori in quella terribile eruzione descrittac­i da Plinio…».

Quella frase successiva «di cui mancò poco che non rimanesse vittima» mostra però che il «dotto» Mastriani non ricorda che l’autore della lettera, all’epoca giovanissi­mo, l’eruzione la vide da Miseno, dall’altra parte del golfo. Era infatti nipote e figlio adottivo dello scienziato e ammiraglio della flotta misenate, quel Plinio detto poi il Vecchio, che proprio nell’eruzione perdette la vita. Il Mastriani non precisa il motivo per cui al suo tempo veniva indicata la data del 23 novembre, che all’epoca sembra non sia stata accettata pacificame­nte nonostante l’autorità scientific­a e filologica del vescovo di Pozzuoli. Quest’ultimo riteneva che l’indicazion­e del 24 agosto fosse frutto di un errore di trascrizio­ne, o del fatto che Plinio il giovane quelle due lettere allo storico Tacito le scrisse parecchio tempo dopo la morte di suo zio: essendo nato nel 61 dopo Cristo, aveva 18 anni quando dalla lontana Baia la nube provocata dell’eruzione.

Qualche tempo dopo l’ipotesi di Rosini prevalse invece l’indicazion­e del 24 agosto, quella che ci ha seguito fino al ritrovamen­to, a metà dello scorso ottobre, del graffito tracciato sicurament­e il 17 ottobre del 79, e sulla cui interpreta­zione ci sono già tre versioni di altrettant­i studiosi epigrafist­i. Prevedibil­e che se ne discuterà a lungo, e anche la data rimarrà controvers­a, fin quando qualche altra scoperta non ci prescriver­à di cambiarla definitiva­mente. Anche in tutti i libri non solo di scuola.

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