Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ecco come dipingeva Caravaggio L’hi-tech svela a Napoli i segreti dell’arte
La diagnostica per immagini applicata ai beni culturali. L’annuncio: riapre dopo 40 anni la Chiesa delle Donne
NAPOLI «Il Martirio di Sant’Orsola rappresenta l’apoteosi della tecnica di Caravaggio, il suo ultimo dipinto in cui le figure sono inghiottite dall’ombra, quasi a suggerire i tormenti della sua mente poco prima della morte».
A svelare i segreti della pittura del Merisi — di cui per anni si sono cercati invano disegni preparatori — è Rossella Vodret, storica dell’arte, già soprintendente al Polo Museale romano, curatrice della mostra milanese «Dentro Caravaggio» dello scorso anno. Di quella e di altre esperienze di nuove tecnologie applicate all’arte si è parlato ieri a Napoli, a Citta della Scienza, nel convegno «Art from inside» promosso dalla Fondazione Bracco, che ha invitato storici dell’arte ed esperti a confrontarsi sul tema della «diagnostica per immagini applicata al patrimonio culturale», prestata dalla medicina all’arte. Nella mostra milanese, di cui la Fondazione era partner, «sono confluite (e ampliate) ricerche per identificare la tecnica esecutiva del maestro». E qual era? «Caravaggio iniziava in modo tradizionale, poi usava una preparazione scura per tutte le parti in ombra e solo dopo dipingeva le parti in chiaro. Nel Martirio è evidente che le figure sono tratteggiate con poche pennellate, non nella loro interezza». Attraverso la diagnostica per immagini resta da esaminare il capolavoro Sette opere di misericordia. «Mi piacerebbe molto», continua Vodret. «Stiamo cercando di completare le analisi su tutti i dipinti di Caravaggio presenti in Italia. Le Sette opere dimostrano quanto Merisi sia geniale nel tradurre sulla tela il suo studio della visione». E dell’opera di Caravaggio esposta al Pio Monte della Misericordia ha trattato al convegno Roberto Montanari del Suor Orsola Benincasa, che si occupa del centro Scienza Nuova e che ha portato avanti una singolare ricerca: «Si chiama eye tracking», spiega il professore, «e rileva come l’occhio umano si muove guardando un’opera d’arte. Nelle Sette opere abbiamo trovato elementi di stabilità: cioè l’osservatore guarda la tela proprio come voleva l’artista».
Le nuove tecnologie, insomma, aiutano a capire il rapporto tra fruitore e opera e tra autore e opera, svelando rifacimenti e ripensamenti. «Siamo convinti», spiega Diana Bracco, «dell’importanza per l’analisi e la cura del patrimonio culturale dell’imaging diagnostico, un settore di medicina avanzata in cui siamo leader globali. Per noi l’arte e la scienza sono due facce dello stesso amore per il sapere e per il bello». E di bellezza ha parlato anche la direttrice del Polo museale napoletana Anna Imponente, in particolare illustrando i restauri più innovativi in Campania. Il primo riguarda la Chiesa delle Donne a San Martino: «Sarà inaugurata il 13 dicembre, era chiusa da 40 anni. Risale alla fine del ’500, oggi risplende perché sono stati recuperati affreschi nella zona del Presbiterio e gli stucchi colorati nella Chiesa, nonché ricollocate grandi tele dell’800. Le nuove tecnologie sono molto importanti e ci consentiranno di andare avanti con il restauro della Certosa. Così come ci hanno supportato a Santa Maria Capua Vetere per il recupero del Mitreo, non ancora terminato, dove lo spazio ipogeo affrescato con l’immagine del sacrificio del toro potrebbe rivelare sorprese grazie agli infrarossi, sotto muschi e muffe. Infine, la Nike dell’Anfiteatro campano ora è rinata a nuova vita nel museo, con un restauro realizzato anche grazie alle tecnologie digitali».
Scienza Le nuove tecnologie aiutano a capire il rapporto tra fruitore, opera e autore