Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Grillo, ministro della Salute «Il commissariamento della Campania proseguirà»
«Non bastano i conti a posto, clamoroso il caso formiche»
«Idati dimostrano che la Campania deve fare ancora molto per uscire dal commissariamento. Anche se un salto in avanti c’è». Così il ministro della Salute Giulia Grillo, in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno, conferma che la sanità campana resterà ancora commissariata. «I campani non possono avere una sanità di serie B» spiega.
Ministro della Salute Giulia Grillo, perché la incompatibilità tra il ruolo di presidente di Regione e di commissario per il piano di rientro garantirebbe la netta separazione della politica dalla sanità pubblica?
«Per una regola semplicissima: come puoi fare bene il presidente della Regione e pure gestire la sanità disastrata?».
Le nomine ministeriali non rispondono a logiche politiche?
«Quando il governo commissaria è perché c’è una situazione di emergenza. Sulle nomine applicheremo il metodo che ho portato al ministero: analisi dei curriculum, assenza di conflitti d’interesse e quindi scelta delle persone migliori».
Dopo l’ultima verifica trimestrale qual è l’esito per la Campania?
«Vi sono ancora molti tratti in chiaroscuro. Alcuni miglioramenti si sono osservati in termini di programmazione, ma sulla capacità di rendere effettivi i servizi per i cittadini c’è ancora molta strada da fare. Episodi certamente eccezionali, ma clamorosi, come quello delle formiche, stanno lì a dimostrarlo. I cittadini campani non possono continuare ad avere una sanità di serie B, non è giusto!».
De Luca ha ceduto sul polo materno infantile, ma riuscirà ad ottenere, come dice, una decina di nuovi Dea di I livello per gli ospedali campani?
«Dopo la mia ultima visita a Napoli, proprio all’Ospedale del Mare, ho insistito molto sul fatto che il polo materno infantile dovesse essere insediato lì, visto che era già tutto pronto, e non in altre sedi, dove occorreva ripartire da zero. In realtà la Campania aveva programmato solo dieci Dea di primo livello, la legge dice che ne servono almeno 19, e parliamo di standard minimi. Il ministero in questi giorni ha ricevuto dal commissario De Luca, in ritardo rispetto ai tempi previsti, un’integrazione alla rete ospedaliera così da renderla coerente con le richiamate regole. La nuova rete è dunque in fase di valutazione da parte degli uffici ministeriali, e quindi lascio a loro la valutazione tecnica».
Se l’organizzazione sanitaria attiene alle Regioni, in che modo lei può intervenire?
«Le Regioni e lo Stato nel 2015 hanno condiviso un accordo sulle regole per organizzare i servizi sanitari al fine di garantire condizioni di qualità e sicurezza per i pazienti. Il ministero della Salute, che guida il tavolo Dm 70 deputato ad approvare e a monitorare le reti ospedaliere, ha assegnato alla Regione Campania una serie di prescrizioni, tutte accolte, per programmare servizi in coerenza con le regole nazionali. L’ospedale del Mare è programmato come Dea di II livello, cioè la massima complessità per una struttura ospedaliera, e non può prescindere dall’area materno-infantile. Pertanto è stato chiesto di adeguare la configurazione dell’Ospedale del Mare».
Ministro, alla fine il presidente De Luca ha aperto ai medici di base per aggiornare il Registro Tumori. Non crede che il protocollo che non ha voluto firmare a Caserta gli sia stato presentato male?
«Il protocollo del Governo sulla Terra dei Fuochi è di portata storica, tanto da coinvolgere tutti i ministeri. Il progetto Epi.CA. è nato grazie alla buona volontà di alcuni medici di base e ci è sembrato un buono esempio da cui partire. Dopo una prima chiusura, mi sembra che ora anche la Regione abbia intenzionora ne di valorizzare le “sentinelle” sul territorio. Forse non erano circolate informazioni corrette sul lavoro svolto circa il progetto Epi.Ca coordinato dal Distretto sanitario di Casoria. Ma mi faccia spendere una parola di ringraziamento per i medici di famiglia, i pediatri e anche per i loro rappresentanti sindacali che ci stimolano sempre a far meglio».
” Le criticità Sulla programmazione miglioramenti in atto, ma sui servizi ai cittadini c’è ancora tanto da fare
” Ospedale del Mare Dopo averlo visitato ho insistito affinché il polo materno-infantile venisse insediato lì
Sono quasi dieci anni che la Campania è commissariata e le difficoltà organizzative non sono state risolte. La Regione annuncia di avere i conti a posto. Cosa manca per tornare all’ordinario?
«Non si tratta di migliorare solo i conti economici, cosa che la Campania ha fatto, occorre dirlo per onestà intellettuale, ma si chiede anche, e direi soprattutto, di garantire un livello adeguato di assistenza. Gli esiti della recente verifica a Roma riportano per la Campania un punteggio Lea nel 2017 (seppur provvisorio) a quota 147 quando il livello di sufficienza è 160. In tal senso in questi anni si sono verificati dei miglioramenti, ma purtroppo ancora sotto la sufficienza. Non si è ancora in grado di intercettare le patologie in tempo utile per essere curate. I livelli di adesione agli screening oncologici sono insufficienti. Manca poi un’adeguata assistenza territoriale che è la causa principale delle sofferenze delle strutture ospedaliere. Abbiamo presentato i risultati dei tavoli di lavoro, e i dati dimostrano che la Campania deve fare ancora molto per uscire dal commissariamento. Anche se un salto in avanti c’è. Ma non basta».
Il
divario tra Nord e Sud oggi si evidenzia soprattutto attraverso l’organizzazione della sanità. Lei è un medico del Sud, come immagina di poter attenuare queste distanze?
«In alcune regioni il problema non va ricercato nella carenza di fondi ma nella sistematica carenza di capacità manageriali e organizzative. Anche se spesso temo si tratti di visioni operative legate a logiche opache che non possiamo più tollerare. Nel prossimo patto per la Salute dovremmo individuare nuove forme di governance, perché i cittadini hanno i medesimi diritti a prescindere dal luogo di nascita. Fi- mi sembra che ci si sia più preoccupati dei diritti delle classi politiche locali che dei cittadini».
La Campania negli ultimi quindici anni ha perso 13 mila posti di lavoro nella sanità e con il parziale sblocco del turn over non si riesce a recuperare i vuoti in organico. Con questi presupposti come si fa a rincorrere l’efficienza?
«Il problema del personale riguarda tutto il territorio nazionale. Ho trovato una situazione esplosiva: contratti della dirigenza medica in stallo da 10 anni, blocco del turnover, poche borse di studio per le specializzazioni. Sulla Campania mi risulta che le procedure di reclutamento siano ancora troppo lente rispetto alle deroghe sul blocco dei turnover e vi sia un eccessivo ricorso al lavoro interinale e al tempo determinato, spesso scelte a forte rischio clientelare».
Non ritiene che sia una gravissima ingiustizia quella che si consuma sul fondo di riparto nazionale che continua a prediligere requisiti distributivi come l’età media della popolazione e a non considerare cruciale l’indice di deprivazione sociale?
«Ho chiesto agli uffici di elaborare indicatori specifici per misurare gli impatti delle condizioni economiche e sociali sull’epidemiologia così da quantificare correttamente i fabbisogni di salute nei singoli territori. A tal proposito il Ministero ha siglato un accordo con l’Università Ceis Tor Vergata per studiare la possibilità di individuare nuovi criteri di riparto. Questo sarà uno dei temi oggetto del prossimo Patto della Salute, che dovrà ridisegnare le linee guida del sistema per il 2019/2021. Se su questo saremo in grado di lasciare un segno tangibile, potrò dire di essere stata un buon ministro».
Nuove assunzioni In Campania il reclutamento è ancora troppo lento e c’è troppo ricorso all’interinale