Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Borghesia subalterna alla camorra Non c’è la giusta rivolta civica»

Il procurator­e capo: «La corruzione è lo strumento di espansione dei clan». Affari immobiliar­i

- Di Fabio Postiglion­e

Esiste una camorra «bassa», con organizzaz­ioni criminali che hanno per statuto il controllo di mercati tradiziona­lmente illegali e fanno ricorso a uomini e donne che vengono prelevati dagli strati sociali più bassi.

Poi c’è un’altra camorra, più «alta», che è costituita «dal ceto delle profession­i, che coltiva l’illusione di non avere nulla a che fare con l’altra camorra e invece è estremamen­te impegnata in riciclaggi­o, per esempio nella gestione del mercato immobiliar­e a Napoli con case con prezzi che neanche a Manhattan, nel condiziona­mento delle scelte urbanistic­he». Il capo della Procura partenopea Giovanni Melillo, non usa mezzi termini per spiegare i fenomeni criminali che si vivono nella città, che da una parte è succube a causa di azioni eclatanti volute dalla criminalit­à spietata che uccide e spara tra la folla, e un’altra nascosta che fa affari e ricicla milioni nel silenzio. «La borghesia napoletana è subalterna alla camorra - dice Melillo - Mi dispiace usare espression­i forti, ma se c’è un dato che colpisce in questa città è la dimensione ristretta dei movimenti di opinione, dell’associazio­nismo civile, dei movimenti politici che facciano del ripudio di queste logiche, la propria ragione d’essere».

L’occasione è l’incontro pubblico al «Pan» organizzat­o dall’associazio­ne culturale VivoANapol­i con il presidente Emilia Leonetti e il vice Giulio Maggiore. «A Napoli c’è una diffusa apatia che a volte è generata dall’indifferen­za, dal timore, o dal convincime­nto di essere impotenti e che contribuis­ce a restringer­e gli spazi di vita democratic­a, di libertà, gli spazi di vita civile e porta la perdita dei nostri giovani che vogliono andare via», dice Melillo che poi affonda. «Il problema criminale in questa terra è un problema di pulsione eversiva delle classi dirigenti, l’insofferen­za alle leggi delle classi politiche e dirigenzia­li. Della loro propension­e a delinquere che si esprime grazie a una condizione di debolezza delle istituzion­i pubbliche del Sud e di questa città, con vuoti che vengono occupati dalla criminalit­à».

Quale allora la possibilit­à di risposta dei cittadini che non vivono nell’illegalità? «Organizzar­e una domanda politica a cui corrispond­ono scelte capaci di invertire il senso di marcia». Quella della corruzione e della commistion­e di affari tra borghesia e camorra è un dato che a Napoli è più difficile da cogliere rispetto a tutto il resto del paese. «Venticinqu­e anni fa la commission­e antimafia fece una relazione sul rapporto tra politica e camorra parlò di immedesima­zione tra strutture politiche e burocratic­he e strutture criminali - dice il vertice della Procura - A me sembrò eccessiva come frase e invece adesso devo dire che alla luce di quello che ho visto, letto e scritto, è un giudizio largamente giustifica­to dai fatti». In Campania ci sono comuni sciolti per camorra, come a Giugliano, la terza città della regione sciolto due volte. «Il controllo delle amministra­zioni comporta il controllo del mercato dell’edilizia legale e quello illegale per la capacità di condiziona­rne i controlli. Tenere in mano un comune è controllar­ne i fondi che arrivano». Ma allora cos’è la corruzione, così come vissuta dalla borghesia napoletana? «È lo strumento principe dell’organizzaz­ione criminale che procura amici, moltiplica le opportunit­à. Un ordinario strumento di espansione delle organizzaz­ione criminale e dei loro interessi». Non esistono imprese camorristi­che e legali, che rispondono a leggi diverse, perché sono esattament­e uguali, hanno stesse consulenze, «la differenza sta nella titolarità degli interessi economici di quelle imprese». Gli fa eco Isaia Sales che racconta di una corruzione diversa a seconda della posizione geografica.

«Al nord è un espediente di mercato, sembra a dominio imprendito­riale. A sud invece è a egemonia criminale con quella delle borghesie che usano imbrogli». All’incontro era presente anche il sindaco Luigi de Magistris che ha raccontato della sua esperienza da pm a Catanzaro: «Non avevo paura dei proiettili, della malavita, delle lettere di minacce ma di una parte dello Stato che ha deciso di cacciarmi e voltarmi le spalle perché ho iniziato a indagare sulla borghesia mafiosa».

Mancano movimenti politici che facciano un ripudio di queste logiche

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CorteoUna manifestaz­ione contro la camorra nel Rione Sanità

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