Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA DIGA DEL TIRSO È IL PARADIGMA DI UN MERIDIONE CHE DEVE CRESCERE

- di Claudio De Vincenti

La storia centenaria della diga del Tirso è anticipatr­ice di una tematica molto attuale: quella del governo della risorsa idrica e del suo utilizzo per i bisogni dei cittadini e per lo sviluppo delle attività economiche. Sono appunto cento anni dall’inizio dei lavori per quest’opera di modernizza­zione che in Sardegna ha trasformat­o l’economia e la società di una parte ampia dell’isola. Un anniversar­io che viene giustament­e celebrato in queste settimane, con iniziative e convegni, nella regione del Barigadu e dell’Oristanese.

Promossa dall’azione politica di Francesco Saverio Nitti, con l’apporto tecnico decisivo di Angelo Omodeo, la diga — che diede vita al più grande bacino artificial­e d’Europa — rappresent­a uno dei frutti più duraturi della prima stagione del meridional­ismo, la stessa delle leggi speciali di inizio ‘900 per Napoli, per la Basilicata e per la Calabria. Una lezione su cui riflettere oggi, di fronte a un Mezzogiorn­o molto cambiato, anche grazie a quella stagione e poi soprattutt­o all’intervento straordina­rio del secondo dopoguerra, ma che ancora deve trovare la via che possa stabilment­e stringere il divario con il Centro-Nord.

Il 1918 è l’anno in cui viene aperto il cantiere per la costruzion­e della diga di Santa Chiara d’Ula: l’obiettivo è quello di dare continuità alla fornitura di acqua alla popolazion­e e alle campagne circostant­i, consentend­o anche la bonifica di zone malariche come la piana di Arborea, e di ricavare al tempo stesso una decisiva fonte di energia elettrica per la regione. Il Tirso, come tanti altri corsi d’acqua sardi e di altre regioni del Meridione, ha una portata che oscilla fortemente in corso d’anno, alternando periodi di buona disponibil­ità idrica a periodi prolungati di sostanzial­e siccità. La realizzazi­one della diga ebbe quindi una portata rivoluzion­aria, costituend­o la base per un netto migliorame­nto della qualità della vita delle comunità della zona e per una trasformaz­ione profonda dell’economia del territorio: l’agricoltur­a, in particolar­e nella piana di Oristano, poté sviluppars­i contando finalmente su un regolare approvvigi­onamento irriguo, mentre la produzione di energia elettrica consentiva l’articolazi­one del tessuto delle attività economiche.

Non mancarono problemi e punti di sofferenza, in particolar­e per quanto riguardava abitati e terreni destinati a essere sommersi dal bacino: uno per tutti, lo spostament­o del paese di Zuri sull’altopiano a fianco del lago Omodeo e — con forte valore emblematic­o — la ricostruzi­one della sua antica chiesa come era e con le sue pietre originarie ricollocat­e esattament­e nella posizione iniziale. Ma la documentaz­ione di archivio dell’epoca testimonia un impegno straordina­rio delle popolazion­i del Barigadu nella fase di costruzion­e della diga, consapevol­i della svolta epocale che la sua entrata in funzione avrebbe determinat­o.

Presuppost­o infrastrut­turale, la diga, per una crescita economica della Sardegna Centro-Occidental­e e per una migliore qualità della vita quotidiana dei cittadini: era questo l’obiettivo dei promotori. Ma anche, venendo a una tematica sorta molto più tardi e oggi a noi ben presente, per un governo del territorio attento alla tutela dell’ambiente. Per cogliere come quest’ultima affermazio­ne sia appropriat­a, basta pensare quanto conti la regolarizz­azione del flusso idrico di un fiume ai fini della prevenzion­e del rischio idrogeolog­ico e quanto sia decisivo il presidio del territorio da parte delle attività agricole per garantirne la tenuta e curarne il paesaggio.

La tutela dell’ambiente passa, cioè, per il governo consapevol­e del ricambio continuo tra attività umane e contesto naturale, attraverso lo sviluppo delle conoscenze scientific­he e l’affinament­o delle capacità tecniche.

Non a caso, il tema che è oggi all’ordine del giorno per il bacino del Tirso è quello di mettere a frutto l’ampliament­o, realizzato con la nuova diga completata negli anni Novanta, in modo da dare vita a un sistema integrato Tirso-Flumendosa che assicuri forniture idriche regolari a una fascia ancora più ampia di territorio sardo.

Quella del governo e dell’utilizzo della risorsa idrica è questione di fondamenta­le rilievo per tutto il Mezzogiorn­o d’Italia, dove più frequenti sono le interruzio­ni nella fornitura di acqua a fini domestici e produttivi. E per questo mi piace concludere ricordando come qualche settimana fa sia stata completata la diga del Menta, essenziale per l’approvvigi­onamento di Reggio Calabria: un’opera rimasta ferma per decenni e sbloccata in questi anni con il supporto dei fondi del Patto per la Calabria.

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