Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Leogrande e quel vuoto in noi e in tutti
Domani il Corriere del Mezzogiorno insieme con tanti amici tornerà a dialogare con Alessandro Leogrande. È trascorso un anno da quando ci ha lasciato, morendo a 40 anni improvvisamente. Lo ricorderemo in contemporanea a Lecce e a Bari, al teatro Koreja e alla libreria Laterza, dalle 18,30 cercando di disegnarne il profilo letterario e umano non solo per non dimenticarlo, ma soprattutto per definire il grande vuoto che il suo lavoro ha lasciato.
Alessandro Leogrande è stato uno dei nostri più cari editorialisti, ma anche il giornalista che aveva fatto del reportage un genere letterario. Tutto quello che scriveva, sia in un articolo, sia in un libro, era stato sperimentato e conosciuto di persona. Come i personaggi di Frontiera, incontrati uno a uno; come i «caporali» del «viaggio tra i nuovi schiavi», che aveva visto e intervistato; come le storie di calciatori e di calcio, sport di cui era un appassionato cultore. E come i lavori sull’Argentina dove nell’anno della morte si era trasferito per una ricerca storica sulla dittatura e su Allende. Aveva ricevuto importanti premi come il “Napoli”, il “Kapuscinski”, il “Sandro Onofri”, il “Luigi Russo” o il “Volponi”. Ha scritto bene ieri Michele Pennetti, capo della redazione barese del Corriere: a un anno di distanza «non siamo riusciti ancora a metabolizzare quella terribile notizia, a elaborare la perdita, la redazione ne è rimasta stordita, non l’ha mai accettata».
Perché Alessandro era diventato sul serio uno di famiglia, nonostante il suo ingresso al giornale non fosse stato dei più semplici, o forse proprio per questo. Vale la pena di ricordarlo. Il primo editoriale che scrisse, a proposito della vita politica della sua Taranto, era stato considerato molto duro, tagliato con l’accetta come si dice, non nello stile Corriere, come orgogliosamente gli spiegammo. E per questo gli furono proposti alcuni tagli e alcuni cambi di aggettivi. Apriti cielo. Non solo non volle tagliare né ammorbidire quello che aveva scritto, ma ritirò l’articolo e chiuse ogni comunicazione con noi, ritenendo il Corriere un giornale non adatto a lui. Passarono alcuni anni e un giorno qualunque in cui il giornale doveva esprimersi di nuovo su Taranto il suo nome fu fatto senza pensarci troppo. «Telefoniamo a Leogrande». Alessandro rispose. E tornò.