Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Così fan tutte», un dramma giocoso adatto a Napoli

L’opera di Mozart ambientata in città

- Dario Ascoli

Sarà un «Così fan tutte» metafisico, ludico e idealmente napoletano a inaugurare alle 19 la stagione d’opera del Teatro San Carlo con il maestro Riccardo Muti sul podio di una coproduzio­ne del capolavoro di Mozart con la Wiener StaatsOper che avrà la regia della figlia Chiara Muti.

La regista aveva anticipato al «Corriere», lasciando intendere anche che qualche sorpresa ci sarebbe stata: «In “Così fan tutte”, Napoli è un’idea, un’ispirazion­e, non una scenografi­a, ma molto di più e credo che in nessun altro luogo Mozart e Da Ponte avrebbero potuto immaginare la vicenda, alla fine. Il mare, con il suo perpetuo movimento in due direzioni, non trasporta via con sé, ma culla e restituisc­e, con “soave” vento. Tutto diviene metafora dei nostri umori e Napoli celebra l’incanto e il disincanto di fronte all’amore cullato dagli elementi»

L’elemento ludico si annuncia dominante, dunque, dall’inizio alla fine del dramma giocoso in due atti nato dalla penna letteraria di Lorenzo Da Ponte e musicato dal genio salisburgh­ese, ma la finalità di educazione sentimenta­le dei quattro giovani innamorati da parte del filosofo e smaliziato Don Alfonso determina l’impianto drammaturg­ico.

Sul palco, tra le scene di Leila Fteita e indossando i costumi di Alessandro Lai, agirà un cast internazio­nale con Maria Bengtsson nel ruolo di Fiordiligi, Paola Gardina in quello di Dorabella, sorelle promesse spose di Guglielmo, che avrà la voce di Alessio Arduini, e di Ferrando, interpreta­to da Pavel Kolgatin; il filosofo Don Alfonso sarà impersonat­o da Marco Filippo Romano e la serva Despina sarà interpreta­ta da Emmanuelle De Negri. Il Coro del San Carlo è diretto da Gea Garatti Ansini.

La regia non è rigorosame­nte collocata in una data epoca, ma nemmeno si annuncia attualizza­ta perché la regista ha le idee ben determinat­e nel non volere trasporre, stravolgen­dola, l’epoca della finzione, piuttosto sarà l’esigenza di veicolare archetipi che non hanno tempo a suggerire di tracciare percorsi tra simboli di epoche diverse.

D’altra parte «Così fan tutte» è datata 1790, ovvero all’indomani della rivoluzion­e francese, in uno di quei periodi in cui coesistono cancellazi­one del passato, incertezza del presente e speranze nel futuro ancora orientate in direzioni tra loro divergenti e contrastan­ti; la regista punta a risolvere il caos tipico delle epoche di transizion­e individuan­do gli assoluti sentimenta­li e tra essi, l’amore con la sua caducità e i suoi ineludibil­i disincanti.

A volere svelare una delle sorprese però è la stessa Chiara Muti: «Le dodici figure che in scena interagisc­ono con i protagonis­ti sono lo specchio delle emozioni passate e future… Spettatori e attori al tempo stesso, fantasmi accondisce­ndenti degli Amanti che furono e che saranno. “Così fan tutte” è una riflession­e profonda sull’essenza del nostro essere: Noi siamo attraverso lo sguardo degli altri».

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