Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Guardare al corpo ma anche all’anima, così si considera la a tutto tondo»
Rossi: «Dal 2000 si è iniziato a parlare di danno biologico»
«Guardare al corpo e contemporaneamente anche all’anima». Patrizio Rossi, direttore sanitario della filiale di Roma del centro protesi Inail dell’ospedale “A. Alesini” di Roma, ha sintetizzato così l’approccio dell’Inail ai suoi assistiti vittime di incidenti sul lavoro. Dell’argomento ha discusso anche al convegno dal titolo “Il benessere riproduttivo del lavoratore: prevenzione e trattamento”, tenutosi a Napoli del 9 novembre.
Dottor Rossi, cosa significa che bisogna fare attenzione all’anima, oltre che al corpo?
«Pensare al corpo è la cosa più facile, significa curare il soggetto, riabilitare il suo fisico, intervenendo sulle terapie insieme al servizio sanitario nazionale, mentre occuparsi dell’anima vuol dire che si deve prendere in considerazione la persona e non solo la sua capacità di muoversi e lavorare. Con “anima” si intende, dal punto di vista medico legale, l’universo realizzativo di un soggetto, a cui deve essere consentito di continuare a realizzarsi nelle sue aspirazioni e ambizioni, nonostante la condizione di invalidità».
Alla luce di questo nuovo modo di pensare il rapporto di cura con gli assistiti, come si è modificato negli ultimi anni il modo in cui l’Inail calcola i danni degli incidenti sul lavoro?
«Prima si indennizzava soltanto la capacità di lavoro, a partire dal 2000, invece, si è iniziato a parlare di danno biologico. Si tutela, in questo modo, una capacità lavorativa che non è generica, ma specifica per il soggetto infortunato, quindi, più attinente alla sua persona e alle attività che svolgeva. Oggi, si guarda, più in generale, alla validità psicofisica. Si è spostato l’oggetto della tutela verso la salute considerata a tutto tondo, come un insieme di corpo e mente».
Nel quadro che ha tracciato che ruolo ha l’attenzione alla vita di relazione e alla salute riproduttiva?
«Il danno che alcune invalidità causano alla salute riproduttiva investe e modifica la vita sociale. Questi problemi non si ripercuotono direttamente sulla professione, ma riguardano la vita relazionale. L’assicurazione è attenta a questa problematica, perché il suo obiettivo è far sì che l’individuo torni a funzionare nel contesto sociale, di cui la vita in famiglia è una parte importante, così come l’aspetto professionale».
Questi nuovi criteri come hanno modificato il concetto di reintegro sul posto di lavoro di coloro che sono vittime di infortuni?
«L’impegno dell’istituto parte dalla prevenzione, e poi quando c’è un danno si focalizza sulle cure e sul riadattamento al funzionamento sociale, esauriti questi passaggi si interviene con l’indennizzo. Sono stati attivati poi servizi di assistenza psicosociale e, più di recente, ingaggiati psicologi per consentire un maggiore sostegno ai diversamente abili, oltre che alle loro famiglie e ai superstiti di coloro che sono deceduti per infortuni sul luogo di lavoro. Ci sono poi altri aspetti a cui l’assicurazione continua a prestare molta attenzione, sono quelli che riguardano l’adeguamento delle mansioni alle capacità del soggetto e l’adattamento delle postazioni di lavoro, al fine di rendere il luogo dove si svolge la propria attività dignitoso, cioè salubre da tutti i punti di vista. Tutti questi interventi messi insieme consentono di fare dei tentativi di reinserimento concreti del soggetto, che possano avere una buona percentuale di successo».
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