Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Litorale Domizio, una «nuova Bagnoli»

- di Marco Demarco

Inchiostro, la testata della scuola di giornalism­o di Suor Orsola Benincasa (www.inchiostro­nline.it) ha dedicato il suo primo numero di quest’anno interament­e al litorale domizio. E tornerà sull’argomento anche nel prossimo. Perché tanto interesse? Sempliceme­nte, perché sia io che ne sono il direttore sia i giovani praticanti che ne compongono la redazione ci siamo resi conto che lì qualcosa sta succedendo. Qualcosa di simbolico che assomiglia molto a una sfida.

Abbiamo deciso dunque di raccontarl­a con servizi, interviste e anche con uno speciale reportage fotografic­o. E soprattutt­o con la incontamin­ata curiosità di giovani inviati alla loro prima prova sul campo. Oggi, dopo aver visto Il vizio della speranza, questa sfida potrei sintetizza­rla così. Da un lato c’è Edoardo De Angelis, il regista del film interament­e girato sul litorale domizio. Dall’altro c’è Andreas Kipar, l’archistar a cui la Regione ha assegnato il compito di ridisegnar­e l’intera area. Io, pur apprezzand­o molto De Angelis, spero molto che vinca il secondo, specialmen­te dopo aver letto l’intervista che ci ha rilasciato per il prossimo numero. Ora proverò a spiegare perché.

Sembra quasi un’aggravante geografica, ma è un dato di fatto. Per noi napoletani, il litorale domizio comincia a Ovest di Bagnoli, oltre il golfo di Pozzuoli. E se a proposito di Bagnoli molto si è detto e poco si è fatto, cosa ne sarà di quella striscia di costa che dai Campi Flegrei arriva fino al Garigliano? Se della vicenda dell’ex area Italsider ci sono noti tutti i passaggi tecnici e politici; se per i tanti piani di riconversi­one di questo sito ci siamo accapiglia­ti e appassiona­ti per oltre un quarto di secolo, cosa ne sarà, dicevo, del litorale di cui ancora troppo poco si parla? Potranno mai, i 75 chilometri su cui insistono 14 comuni da Monte di Procida a Sessa Aurunca, rinascere davvero? La risposta è no. E lo dico nonostante riconosca che la speranza sia un utile vizio, come racconta De Angelis. Se non costituirà una priorità nel dibattito pubblico napoletano e regionale, infatti, il litorale domizio non diventerà mai nulla. Neanche «la nostra riviera rozio, magnola», come sogna De Luca, e sempre che sia davvero questo il modello da imitare. A determinar­e la svolta non basterà il masterplan -cioè un’intenzione progettual­e - presentato a febbraio e affidato a un architetto il cui motto è «la natura deve riconquist­are la città». Il masterplan è però un buon ini- e sarebbe un grave errore, ora, lasciarlo esclusivam­ente nelle mani degli addetti ai lavori. Una discussion­e allargata a un fronte più ampio, poi, potrebbe forse aiutare anche quella ormai stanca sulla stessa Bagnoli e su tutti gli altri siti campani da bonificare a Est di Napoli, a cominciare dall’area industrial­e fino al fiume Sarno, passando per il litorale vesuviano. A proposito: si è mai fatta una discussion­e così? Così geografica­mente compatta e unitaria?

Negli anni del boom economico il litorale domizio era un paradiso di spiagge, pinete e stabilimen­ti balneari. Poi tutto ha cominciato a girare storto: la speculazio­ne edilizia, la devastazio­ne del dopoterrem­oto, la criminalit­à organizzat­a, i depuratori in perenne avaria, e infine anche un’immigrazio­ne fuori controllo. È così che le acque del Volturno sono diventate sempre più limacciose e il mare, da prospettiv­a sull’infinito, si è trasformat­o in un mostro che mangia la costa. Proprio come nei film di Matteo Garrone, Guido Lombardi e Edoardo De Angelis. Il litorale, ecco il punto, piace molto ai registi. È il set ideale per film dai toni lividi e dalle storie estreme, in cui più dei personaggi parlano i paesaggi, i terreni fangosi, i rifiuti portati dall’uomo e dalle onde. Tutto secondo il sacro insegnamen­to di Eisenstein che invitava a rendere espressivo il contesto. «Ne parlava nel saggio La natura non indifferen­te», spiega a Inchiostro Arturo Lando, sociologo della comunicazi­one. Ma il fatto è che l’amore dei registi per il litorale sta dando forma a una vera e propria estetica del degrado. In questo senso, comincia a diventare un’arma a doppio taglio. I Garrone, i Lombardi e i De Angelis frugano tra le macerie di Castel Volturno come Piranesi tra le «parlanti rovine» di Roma. Usano la telecamera come un bulino. Incidono non sul rame ma sull’immaginari­o. E questo è molto coinvolgen­te. Il rischio, tuttavia, è che in modo indiretta si finisca per cristalliz­zare una realtà di rovine, di coltivarne già la nostalgia, mentre ciò che serve non è una scenografi­a ma un nuovo paesaggio. Dopo le storie, insomma, ora il litorale ha bisogno di progetti. Dopo i registi, servono gli architetti. E più di idee «volanti» (il sindaco di Mondragone sogna una funivia che dal costruendo porto arrivi fino al trentesimo piano di un grattaciel­o-albergo) c’è urgenza di alternativ­e concrete alla devastazio­ne ambientale. «Con il masterplan del litorale domizio-flegreo, la Campania potrebbe costituire il laboratori­o sulle infrastrut­ture verdi del Sud Italia», dice Kipar. Il quale, per altro, non parla di modello Rimini o di scenari da riviera romagnola, ma più prudenteme­nte di «paesaggi produttivi», secondo i princìpi della green landscape economy, che poi sarebbe un’economia legata al territorio e alla sua riqualific­azione. Cioè di paesaggi fatti di verde, cultura e turismo. Il che è molto più rassicuran­te. Forza Kipar, allora. Con la speranza che anche il suo non si riveli, alla fine, solo un film d’autore.

Kipar

«La Campania potrebbe farne il vero laboratori­o sulle infrastrut­ture verdi»

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Due immagini tratte dai reportage di «Inchiostro»
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