Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Sisma di Ischia, la zona rossa non è affidabile»
La sismicità dell’isola d’Ischia ha caratteristiche tali di accelerazione che potrebbe danneggiare gravemente o radere al suolo persino edifici costruiti secondo le norme per la realizzazione di nuove case. Inoltre, studiando le sequenze sismiche del passato, è probabile che a un forte terremoto, come quello dell’estate 2017, ne seguano altri in pochi anni.
Queste allarmanti conclusioni sono contenute nella relazione sulla «mitigazione del rischio sismico» sull’isola verde che ieri il professore Giuseppe De Natale ha illustrato al Cnr a Roma, nella giornata conclusiva della due giorni dove sono stati presentati gli studi contenuti nel volume Sigea (Società italiana di geologia applicata).
«La sismicità d’Ischia — ha spiegato il vulcanologo — ha caratteristiche peculiari legate a processi ancora ignoti che coinvolgono il movimento relativo del blocco dell’Epomeo rispetto al resto dell’isola». Essa si basa su «una complessa interazione tra meccanismi tettonici e vulcanici». Proprio questo mix determina terremoti estremamente distruttivi come quello di Casamicciola del 21 agosto 2017. Secondo De Natale «l’estrema distruttività di quel sisma non è dovuta, come spesso si sente in giro, necessariamente alla fatiscenza degli edifici, ma al fatto che la faglia sismica si trovava a 1,5-2 chilometri sotto l’abitato. L’accelerazione registrata dagli strumenti dell’Osservatorio geofisico della Sentinella è stata quasi il doppio di quella prevista dalle norme vigenti per il calcolo dei nuovi edifici».
Cosa significa in parole più chiare? «Che anche un edificio costruito il giorno prima, perfettamente a norma, poteva in teoria riportare gravi danni o anche collassare». Inoltre, lo studio sulle sequenze sismiche del passato dimostrerebbe che il tragico terremoto di Casamicciola del 1883 (2.300 morti) iniziò nel 1828 con scosse via via crescenti. Nel 1881 vi fu già un forte terremoto che uccise 127 abitanti. Perciò, a giudizio di De Natale «occorre avviare immediatamente un vasto piano di messa in sicurezza di tutti gli edifici che sorgono nelle aree colpite dal sisma del 1883, in un raggio di circa 25 chilometri quadrati, dove si sperimentò un’intensità pari o superiore all’VIII grado della scala Mercalli».
Il vulcanologo illustra la situazione con un esempio banale ma efficace: «Se anche nell’attuale zona rossa ricostruissimo tutti gli edifici come bunker d’acciaio, di fronte a un evento pari a quello del 1883 quegli edifici resisterebbero, ma avremmo centinaia o migliaia di morti per il collasso degli edifici nelle zone limitrofe in un raggio di 25 chilometri quadrati». Insomma, la zona rossa appare necessariamente da rivedere secondo l’esperto perché non risulta affidabile. Ma come mettere davvero in sicurezza l’isola verde? Con una verifica edificio per edificio (nell’area di massima distruzione del 1883) e con conseguenti operazioni di adeguamento sismico. «Si tratta — conclude il professore — di interventi in un’area tutto sommato di piccole dimensioni e quindi poco onerosi. Ischia potrebbe costituire l’esempio per un piano-sicurezza su tutto il territorio nazionale».