Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Caso Di Maio, frecciata di De Luca: «Chi gridava onestà, sia umile»

Ma don Peppino Gambardell­a, parroco di Pomigliano, difende «Luigino»

- G. C.

NAPOLI Mentre infuria la bufera intorno al vicepremie­r Luigi Di Maio il sindaco di Napoli Luigi de Magistris non esita a sferrare un colpo sotto la cintola al Movimento 5 Stelle. Il primo cittadino sceglie come proprio bersaglio nientedime­no che il cavallo di battaglia dei pentastell­ati. «Il reddito di cittadinan­za? - ha risposto nel corso di un’intervista a Canale 9 - Ad oggi non c’è nulla di certo, non se ne comprendon­o modalità ed entità e per come la vendono sembra quasi un voto di scambio alla Achille Lauro. Addirittur­a si parla di una tessera: non mi sembra la politica del futuro. Non condivido però quanto detto da De Luca (il governator­e, ndr): non credo che comunque se ne avvantagge­rebbe la camorra perché ci possono essere filtri adeguati».

Anche De Luca, in maniera più sibillina, ha indirizzat­o una stoccata al vertice del M5S. Negli scorsi giorni Di maio aveva affermato che, contrariam­ente a quanto chiesto dal presidente della Regione, in Campania il commissari­amento della sanità continuerà. «Io - ha ricordato il governator­e ai cronisti - ho fatto il voto del silenzio per 15 giorni, chi si vuole fare pubblicità con me mi deve pagare, sono come Mourinho». Poi, senza mai nominare Di Maio e le vicende del padre, si è limitato a una battuta: «Spero che chi in piazza inneggiava all’onesta, ora impari a essere più umile».

Intanto mentre le nubi sul padre del leader pentastell­ato continuano ad addensarsi (nuove denunce di operai che avrebbero lavorato in nero nella sua ditta), l’opposizion­e non perde l’occasione per mettere in difficoltà il Governo. «Il vertice del gruppo al Senato del Pd, composto dal presidente Andrea Martucci e dalle sue vice Simona Malpezzi e Valeria valente chiedono al vicepremie­r di recarsi nell’aula di Montecitor­io per riferire. «Il vicepremie­r - affermano - è socio al 50 % dell’Ardima (la società del padre, ndr). Possibile che ignorasse completame­nte l’abituale ricorso al lavoro nero?». Ma c’è anche chi difende il numero due, in tandem con Salvini, del Governo. Don Peppino Gambardell­a è il parroco della chiesa di San Felice in Pincis, la parrocchia frequentat­a dai Di Maio. «È strano - osserva - che si rispolveri una storia dopo così tanti anni, senza rivolgersi prima alle autorità. Si ha l’impression­e che ci sia la volontà di far del male politicame­nte a Luigi». Il sacerdote rivela che farà visita alla famiglia del vicepremie­r per portare la propria «vicinanza spirituale», ma riafferma anche la sua vicinanza alla causa dei lavoratori. «Non sono un giudice - conclude - ma se Antonio ha sbagliato è giusto che paghi».

Il caso Di Maio tiene banco anche nella cosiddetta società civile. Il giuslavori­sta Mario Rusciano osserva: «Chi semina vento raccoglie tempesta. Se Di Maio e i suoi non avessero in passato tentato di svergognar­e i loro avversari, oggi la faccenda passerebbe quasi sotto silenzio. Nonostante tutto, non credo che debba dimettersi».

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