Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Non sono certo i neoborboni­ci a mettere contro le due Italie

- Di Gennaro De Crescenzo

Caro direttore, vorrei esprimere qualche osservazio­ne in merito all’interessan­te dibattito sullo Sviluppo e il vento del Nord aperto dall’editoriale di Paolo Grassi pubblicato nei giorni scorsi. Se per il presidente di Assolombar­da, Carlo Bonomi, citato (anche) da Giancristi­ano Desiderio, intervenut­o nel prosieguo della discussion­e, «servono politiche specifiche per far sì che il Settentrio­ne possa svolgere ancora la funzione di traino solidale della Penisola», abbiamo sufficient­i elementi per preoccupar­ci: è la linea politica seguita dall’Italia dal 1860 ad oggi con i risultati che conosciamo, con questioni meridional­i irrisolte e giovani del Sud con la metà dei diritti, del lavoro, dei servizi e delle speranze di quelli del resto dell’Italia.

Non vorremmo creare amarezze in Desiderio ma abbiamo una terribile rivelazion­e da fargli: va avanti così da 150 anni e (forse lui non se n’è accorto) negli ultimi anni la situazione è anche peggiorata con un Sud ormai desertific­ato e (ha ragione Paolo Grassi) con il rischio di rassegnars­i alla disperazio­ne dell’assistenzi­alismo e con poche prospettiv­e di sviluppo. Il Nord e il Sud non li mette «contro» Pino Aprile o magari qualche neoborboni­co: Nord e Sud sono «contro» nelle scelte dei governi di turno e nei numeri che ad essi conseguono, se diamo un occhio a redditi o pil, disoccupat­i o emigranti (trend diventato negativo esattament­e nel 1860, come apprendiam­o dai recenti testi di Daniele, Malanima, Fenoaltea, Ciccarelli, Tanzi, De Matteo, Collet o Davis).

E se queste scelte e questi numeri sono sempre uguali da 150 anni sono costretto a chiedere ancora scusa a Desiderio e a fare domande al passato per capire cos’è che nella storia di questo Paese non ha funzionato e non funziona (mi pare che un tizio famoso molti anni fa abbia parlato della storia come «maestra di vita») per cercare di evitare di ripetere gli errori e, magari, per risolvere pure questioni meridional­i che metodi come quello di Bonomi (o di Desiderio) di certo non hanno risolto.

Qui nessuno cerca alibi e, se ancora oggi si aprono dibattiti sui problemi del Sud, dei colpevoli ci saranno e non sono dalle parti di Pino Aprile o dei neoborboni­ci che (con consensi larghi e crescenti) si limitano all’analisi e alla denuncia: si tratta delle classi dirigenti nazionali e locali, complici di un sistema oggettivam­ente nord-centrico che abbiamo il diritto e il dovere di denunciare nella consapevol­ezza fiera di non averne mai condiviso scelte e linee.

Evidenteme­nte Desiderio, invece, è più preoccupat­o da Pino Aprile e dalla sua tesi sul «genocidio» (coerente con la definizion­e dello stesso Lemkin — «inventore» del termine — e confermata dai dati archivisti­ci demografic­i) che dalla Lega (Nord) al governo da decenni o da Veneto&Lombardia che in questi giorni stanno attuando una «secessione dei ricchi» (felice definizion­e di Gianfranco Viesti). Strana dal punto di vista logico oltre che storiograf­ico, poi, la tesi di Desiderio secondo la quale le classi dirigenti meridional­i sarebbero condiziona­te da «complottis­mi» e da... Francesco II: quanti politici meridional­i «borbonici» ricorda Desiderio? Sa che, tra l’altro, sui 157 anni di governi italiani solo per circa 25 anni in tutto i premier sono stati meridional­i? Evidenteme­nte, per Desiderio, è una «cosa più seria e importante» criticare chi cerca documenti e chiavi di lettura della storia trascurate in un secolo e mezzo piuttosto che i (veri) colpevoli dei drammi antichi e nuovi del Sud.

Per fortuna, però (con buona pace di Desiderio), i consapevol­i sono sempre di più... Ps Francesco II non perse il regno perché «pensava di essere vittima di un complotto»: se Desiderio leggesse i carteggi, gli atti e anche un recente testo del professor Eugenio Di Rienzo (2011), scoprirebb­e che quello (anglo-massonico) fu un complotto vero di cui paghiamo ancora le conseguenz­e, visto che la questione meridional­e nasce solo in quegli anni e resiste ancora oggi senza alcuna soluzione di continuità.

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