Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Sgambati (Uil): l’azienda non ha formato capiservizio Difficile trovarli sul mercato
Scetticismo sul sindaco e sulla possibilità di fare assunzioni
A Napoli è successo anche
NAPOLI questo: per curare l’influenza non si prende la vecchia salvifica aspirina, ma si rimane a casa e si bloccano le funicolari lasciando a piedi più di mezza città già afflitta da un servizio di trasporto su gomma a dir poco indecente.
I giudici diranno se si tratta di interruzione di pubblico servizio ma di sicuro il medico capace di debellare una simile anomala epidemia ha lo studio in Procura, non presso l’Asl. Abbiamo posto la giusta attenzione per definire in maniera indolore un fondamentale principio di legalità democratica, ma portare a casa l’ennesima mazzata senza reagire e senza tenere conto delle ricadute che lo scandaloso comportamento sta avendo sulla nostra vita di relazione sarebbe un rimedio peggiore del male.
Lo riconosce anche Giovanni Sgambati, sindacalista di lunga militanza della Uil, che di scioperi ne ha gestiti tanti, ma chiamandoli per nome, non distribuendo antibiotici. «La premessa doverosa è che se venisse accertata che una parte del personale Anm ha determinato la chiusura delle funicolari utilizzando il pretesto della malattia la punizione dovrebbe scattare immediatamente e dovrebbe essere esemplare e mi pare che le carte di queste vicende siano già all’esame della Procura, ma questa brutta pagina non può essere chiusa così, la verità, e le colpe, non stanno da una sola parte». E qui apprendiamo un particolare del quale si ignorava l’esistenza: l’Anm ha svuotato l’organico non solo quantitativamente ma anche riducendo oltre il lecito alcune figure professionali indispensabili per il corretto funzionamento delle funicolari.
Una di queste è il caposervizio. «Se mancano quelli di riserva – spiega Sgambati – il servizio si blocca. E all’Anm mancano per la politica seguita in questi anni. Ora siamo arrivati a raschiare il fondo del barile ed è difficile risalire la china, cioè porvi rimedio, perché le figure professionali che mancano non si reperiscono sul mercato, devi formartele e questo purtroppo non si fa più. Il depotenziamento inarrestabile dell’organico ha aperto una voragine nella quale si infila di tutto, anche la malattia a scoppio concordato».
La conclusione, insomma, è che ai dipendenti irresponsabili l’arma letale per paralizzare un servizio essenziale come le funicolari l’ha fornita l’azienda che, quindi, è da considerare a tutti gli aspetti corresponsabile per quanto è successo. Compreso, beninteso, anche le rappresentanze dei lavoratori.
È il gatto che si morde la coda, con l’aggravante che i gatti in questa brutta storia che può far saltare il tappo della capacità di resistenza dei napoletani sono numerosi e il capobranco è il più sornione di tutti: chiede massima severità contro i responsabili, ad esempio, ma lo fa sapendo bene che la patata bollente non è nelle sue mani ma in quelle del Tribunale fallimentare.
«È vero, comunque, che da mesi l’Anm opera solo grazie ad un concordato con il Tribunale. Che consente, però, solo alcune operazioni di pura gestione ordinaria, non certo assunzioni». E qui il discorso torna alle responsabilità, quelle individuali – dei lavoratosi, s’intende – che sono gravissime e vanno adeguatamente punite, ma anche a quelle politiche scaturite da una gestione fin troppo tollerante che ha portato al disastro di oggi. E allo spettacolo mortificante dei cittadini attaccati alle paline delle fermate in cima alle quali sventola sempre la bandiera bianca della resa senza condizioni.
Da dove si riparte? «Un accorgimento possibile potrebbe essere riprendere i percorsi di riconversione del personale interrotti da anni». I capiservizio che mancano, insomma, potrebbero essere formati in casa e non annunciando assunzioni che sarà difficile fare. Così facendo si raggiungerebbero due risultati: non più epidemie influenzali a orologeria e una più equa gestione delle risorse umane all’interno dell’Anm.
Mi pare che le carte di questa bruta pagina siano già all’esame della Procura