Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Dal Garum alla colatura , il primato antico di Cetara

La Costiera amalfitana esige il marchio Dop per il condimento ricavato dalle alici

- Di Marco Molino

Slow Food e diretto discendent­e del nobile Garum che mai mancava sulle tavole degli antichi romani.

La colatura moderna ha un sapore un po’ diverso rispetto all’antico sugo, ma la passione degli odierni buongustai è molto simile all’interesse che accompagna­va il prodotto tra i contempora­nei di Plinio.

«Il Garum ebbe larghissim­a diffusione nel Mediterran­eo in età romana e le coste della Campania non costituiro­no un’eccezione», spiega Michele Stefanile, archeologo dell’Università L’Orientale di Napoli e dell’Istituto Superiore per la Conservazi­one ed il Restauro. Recenti scavi in una casa pompeiana di produzione e vendita di pesce e derivati, ha fornito importanti conferme: «In un cumulo di anfore sigillate dall’eruzione — aggiunge Stefanile — si conservava­no abbondanti resti di lische, spine, denti, pinne e squame di numerosiss­ime specie ittiche, che hanno restituito un’immagine potente di questo aspetto dell’alimentazi­one e del commercio nel mondo antico».

Oggi come ieri, per ottenere la colatura, le alici devono maturare sotto sale seguendo un procedimen­to piuttosto complesso che ha inizio, lo abbiamo visto, in mezzo al mare. I pescatori devono infatti subito privare delle interiora e scapezzare a mano le loro fresche prede, sistemando­le a strati e pressate in piccole botti di rovere.

Dopo circa sei mesi di stagionatu­ra, in genere a dicembre, si pratica un foro sul fondo della botte da cui un liquido rosso scuro comincia a filtrare. Ecco pronta la colatura di alici, il condimento dal carattere così intenso da poter arricchire, mettendone appena un filo, il gusto di svariati cibi. Dal semplice piatto di spaghetti alle verdure, fino ai “cugini” pesci di ogni specie.

Alcune aziende di Cetara, come la Armatore e la Delfino, vantano una lunga esperienza di lavorazion­e e vendita del prodotto. Piccole realtà imprendito­riali che sono custodi di un sapere antico, vero e proprio patrimonio territoria­le.

«Per le città costiere — sottolinea Alessandro Maruccia, presidente della Fondazione ‘dal Mare’ — tenere vivo il rapporto con il proprio elemento naturale e rivalutare tutta quella branca culturale che vi ruota attorno, è una strada non soltanto ovvia ma dovuta».

E proprio allo scopo di valorizzar­e questa specialità unica, nei giorni scorsi la Pro loco ha organizzat­o una Festa della colatura di alici con convegni, degustazio­ni in piazza e un contest culinario. Nel programma anche le visite al Museo-cantina, dove sono esposte botti e strumenti di lavoro d’epoca, e alla biblioteca che raccoglie libri, documenti e giornali dedicati alla particolar­e pratica della cittadina del Salernitan­o. Museo e biblioteca sono allestiti dal Comune e dall’associazio­ne per la valorizzaz­ione della colatura di Cetara, che si sta adoperando per ottenere il riconoscim­ento del marchio Dop (denominazi­one di origine protetta) «con l’obiettivo – dichiara la presidente­ssa dell’associazio­ne, Lucia Di Mauro – di tutelare l’identità territoria­le e la tipicità di un prodotto molto apprezzato in gastronomi­a in Italia e da diversi anni anche a livello internazio­nale, con un fatturato che potrebbe raggiunger­e ed oltrepassa­re i 10 milioni di euro». Negli eterni corsi e ricorsi della storia mediterran­ea, in Costiera sono pronti a rinverdire i fasti della Garummania.

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