Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Libera: per 4 campani su 10 la corruzione «è normale»
Sondaggio di Libera: sfiducia per i parlamentari, meglio per gli amministratori locali
In Campania quasi 4 persone su 10 intervistate dall’associazione Libera non denuncia perché ritiene la corruzione un fatto normale. Alla radice della visione disincantata sull’ampiezza del fenomeno si collocano spesso esperienze personali: circa il 30% degli intervistati, infatti, ha incontrato in prima persona o tramite conoscenti richieste indebite di tangenti o altri favori, percentuale che anche in questo caso aumenta a circa il 40 per cento al Sud, dove è quasi doppia rispetto al Nord-est. E a nutrire la sfiducia dei cittadini è soprattutto la politica.
NAPOLI Non ci si accorge del male — e dunque dell’illegalità — perché si è assuefatti ad esso, non se ne percepisce il pericolo, non lo si ritiene tale. Insomma, il «così fan tutti» diventa quasi una orrenda consuetudine prima ancora che una condotta individuata come immorale. Ed ora lo confermano i dati di un sondaggio elaborato dalla associazione antimafia Libera di don Ciotti.
In Campania quasi 4 persone su 10 ha riferito di non denunciare la corruzione perché la ritiene «un fatto normale». Proprio così. Qualcosa che appartiene all’ordine delle cose, alla quotidianità, alla ovvietà delle dinamiche relazionali. Tanto che è sempre la Campania la regione nella quale la maggior parte degli episodi di corruzione non vengono denunciati. Ritenuti come sono, chissà, non meritevoli di essere segnalati all’autorità giudiziaria perché probabilmente nulla si può contro quei comportamenti obliqui che appartengono alla normalità di un contesto sociale, lavorativo, professionale.
A giudicare la corruzione «un fatto normale» sono il 37,85 degli intervistati campani. A seguirli sono gli abitanti della Basilicata con il 29,4 % e della Puglia con il 29,8%. Certo, alla base di questa visione morale piuttosto disinvolta sul fenomeno si collocano spesso esperienze personali: circa il 30% degli intervistati da Libera ha raccontato di aver incontrato in prima persona o tramite conoscenti richieste indebite di tangenti o altri favori, percentuale che anche in questo caso si gonfia fino a sfiorare il 40 per cento al Sud, dove è quasi doppia rispetto al Nordest. Un dato, quello appena considerato, che poi riversa i suoi effetti su una tendenza generale. A livello nazionale, infatti, solo il 20% degli italiani crede che sia importante votare cittadini onesti come candidati politici per combattere la corruzione. Il 23% non denuncia perché ritiene che l’essere corrotti costituisca un fatto normale.
Ma qual è la regione dove è più alto il numero dei cittadini a conoscenza di persone che hanno ricevuto o offerto tangenti? La Calabria. Qui quasi un cittadino su due sa... bene come vanno certe cose. Poi segue la Basilicata con il 44% e la Sicilia con il 39,2%.
Il focus si basa sul rapporto LiberaIdee, ricerca sociale con oltre 10 mila persone intervistate e oltre 100 interviste a rappresentanti di associazioni di categoria. Se al Sud solo l’8% ritiene la corruzione poco diffusa o totalmente assente, la percentuale diventa del 34% nel Nord Est. Secondo la mappa regionale della percezione e presenza della corruzione, un intervistato su due in Trentino ritiene il fenomeno poco diffuso o totalmente assente, percentuale che diventa del 43% per il Friuli. Di riflesso una percentuale da prefisso telefonico caratterizza le risposte dei siciliani: solo il 2,5% pensa che la corruzione sia poco diffusa o pressoché assente. Stessa percentuale nel Lazio.
È la sfera politica il principale bersaglio selettivo della sfiducia: e quando più è distante più si allarga la forbice. Basti pensare che la percentuale di sfiducia verso gli amministratori locali quasi si dimezza (il 28,5%). Colpisce il divario generazionale: circa il 60 per cento dei giovani al di sotto dei 25 anni ritiene corrotti i propri governanti nazionali, percentuale che decresce nella fasce d’età superiori fino a dimezzarsi per gli over 65. Il 17% degli intervistati ritengono le stesse forze di polizia coinvolte nella corruzione. «Nonostante arresti e condanne le mafie appaiono in buona salute — commenta Alberto Vannucci, dell’ufficio di presidenza di Libera e docente di Scienza politica all’Università di Pisa —. Sono cambiate in generale le strategie: pochi spargimenti di sangue e tanta corruzione. Del resto, non si possono contrastare le mafie senza bonificare la palude della corruzione, quel terreno inquinato di relazioni opache che permette ai mafiosi di penetrare nei gangli vitali della società».
Il fenomeno
È in Calabria dove si confessa di essere a conoscenza di più episodi corruttivi