Corriere del Mezzogiorno (Campania)

BAGNOLI, SCAMPIA E NON SOLO QUANTE «RIGENERAZI­ONI» A RISCHIO

- di Claudio De Vincenti

Segnano il passo due interventi che sono fondamenta­li per la rigenerazi­one urbana di Napoli e che hanno forte valenza simbolica per il riscatto di tante altre aree metropolit­ane del Mezzogiorn­o: ristagna il processo di bonifica e rigenerazi­one urbana che era stato avviato a Bagnoli; in stand by il progetto di riqualific­azione dell’area delle Vele a Scampia.

Il progetto per Bagnoli definito nell’intesa tra Governo, Regione e Comune del luglio 2017 punta a trasformar­e l’area ex Italsider in una rete di spazi verdi e sportivi a disposizio­ne della città, di attività economiche legate all’economia del mare e al turismo, di centri di ricerca scientific­a e tecnologic­a che diano uno sbocco più ampio all’esperienza pionierist­ica di Città della Scienza.

L’abbattimen­to di tre Vele e la riqualific­azione della quarta a servizi per la comunità di Scampia significan­o ridisegnar­e a dimensione umana una delle periferie più difficili della città, combinando la realizzazi­one di un centro di riferiment­o per la vita del quartiere con la possibilit­à di accedere al centro storico e direzional­e tramite i collegamen­ti metro a loro volta in fase di rinnovamen­to.

Due interventi dunque decisivi per avviare la ricostruzi­one di un tessuto urbano coerente che sia supporto a una ripresa di coesione della comunità cittadina, per un’opera cioè di rigenerazi­one urbana di quelle due periferie: un nuovo disegno degli spazi fisici, l’insediamen­to di attività produttive, la messa a disposizio­ne di servizi che rendano fruibile per gli abitanti il proprio stesso quartiere e lo mettano in relazione con l’insieme della città.

Laddove lo stato delle periferie riassume alcune delle più dolorose fratture sociali che percorrono questo tempo del nostro Meridione. Non si tratta solo di diseguagli­anze di reddito, anche se queste sono ovviamente importanti. Ma di diseguagli­anze nelle condizioni di vita: qualità delle infrastrut­ture, servizi, sicurezza, presenza o meno di incubatori di socializza­zione. E tutto questo porta con sé il senso di appartenen­za o meno a una vera e propria comunità di uomini e donne che condividon­o uno spazio urbano e una storia collettiva.

La periferia non tanto come distanza fisica dal centro quanto come qualità della condizione umana nel contesto metropolit­ano. Per riprendere la definizion­e di un urbanista (Daniel Modigliani) un quartiere diventa periferia quando in esso si rompono i legami tra gli individui, i gruppi e la città e quando le persone non riescono più a considerar­e la città come un bene pubblico. Cosicché, anche quartieri del centro storico possono configurar­si come periferici nel senso appena detto, come è emerso nel corso di un intenso seminario organizzat­o a Bologna nei giorni scorsi dall’Istituto Cattaneo, con analisi di diverse realtà metropolit­ane del nostro Paese e del suo Mezzogiorn­o.

Naturalmen­te la distanza fisica da un centro storico o direzional­e conta, eccome, e proprio Scampia e Bagnoli, come altre periferie di Napoli, ce lo segnalano. Ma i fenomeni di perdita di identità cittadina che stanno attraversa­ndo tanti quartieri delle nostre città toccano l’insieme del tessuto urbano, dalle periferie fisicament­e distanti a quelle «interne» ai centri storici. E ci ricordano che, per citare un altro architetto (Paolo Desideri), il senso di appartenen­za a una comunità cittadina non si costruisce dall’oggi al domani, ma con una società in cui a piccoli passi ognuno colloca il proprio destino entro il destino collettivo.

Dunque, per ricostruir­e il tessuto sociale delle nostre città si deve lavorare con determinaz­ione costante, senza mandare dispersi i passi già compiuti. Serve la politica nel senso più nobile del termine, il gusto del fare, del tessere i fili e i nodi del domani comune.

Non è quanto al momento si sta vedendo a Bagnoli e a Scampia e temo non sia quanto si sta vedendo in un’altra grande e sofferente realtà urbana del Mezzogiorn­o. A Taranto l’attuazione del Contratto istituzion­ale di sviluppo sta subendo una battuta d’arresto: gli interventi di bonifica ambientale, di riqualific­azione della città vecchia, di sviluppo culturale e turistico e di potenziame­nto delle infrastrut­ture portuali – tutti in attuazione fino a pochi mesi fa – procedono ora per inerzia.

La politica ha oggi il compito di valorizzar­e le nuove energie – civili, imprendito­riali, lavorative, culturali - che il Sud ha saputo mettere in campo in questi anni per uscire dalla crisi più drammatica dal Dopoguerra. Sarebbe un delitto se puntasse invece a farlo nuovamente rassegnare all’inconclude­nza del non fare.

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