Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Da avvocato dico no al calendario delle colleghe
Caro Direttore, La ringrazio per la possibilità che mi offre di intervenire sulla vicenda del calendario delle donne avvocato.
Nel mese di settembre apprendevo della esistenza di un blog, attualmente operativo, dal titolo «il calendario delle avvocatesse». Mi allarmai e mi chiesi se le donne avvocato (avvocatesse mi sa tanto di spregio), rischiassero artatamente di essere strumentalizzate.
A mio avviso proprio l’utilizzo sul calendario del solo genere femminile rischia di dar vita ad uno stereotipo che è per molti la ragione culturale delle disuguaglianze tra uomini e donne. Esposi le mie preoccupazioni e suggerii al suo ideatore, avvocato Sergio Pisani, che sarebbe stato educativo includere gli uomini. Si poteva pensare di sensibilizzare l’opinione pubblica con dei gesti, quali ad esempio quello che immortalava un uomo nell’offrire una rosa ad una donna, o nell’effettuare un baciamano. Sostenne il mio disappunto il collega Marco Spena, e il suggerimento venne condiviso anche da altri colleghi.
Invitai, in più riprese, il collega Sergio Pisani a tener conto di questa variante al progetto ma lo stesso respinse ostinatamente ogni possibilità di valutare le doglianze e di prendere in considerazione proposte che potessero accontentare quasi tutti. Ma, il cuore della contestazione, mia e di altri colleghi, è l’uso improprio che si è fatto della toga, non consono alla sua funzione. Infatti, la toga «ornata» con la cordoniera dorata rappresenta la difesa innanzi alla giurisdizione superiore per eccellenza: la Cassazione.
Tengo a precisare che la mia disapprovazione riguarda soltanto le modalità di rappresentazione di questa iniziativa. Innanzitutto, la toga, per il suo significato ben preciso, va indossata ed eventualmente immortalata solo in udienza, nella fase del giuramento, e in senso lato nel palazzo di Giustizia. Dovrebbe, infatti, essere ancora attuale l’insegnamento del Calamandrei, ad avviso del quale la toga non è fatta per essere portata all’aria, a contatto con i tram, e le automobili. È opportuno evidenziare che il promotore dell’iniziativa, seppur a scopo benefico, non ha preventivamente richiesto alcun parere, né al Consiglio Nazionale Forense, né al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli al quale appartiene. La nostra professione vive un momento storico rilevante; da un lato, per il rafforzamento del ruolo dell’avvocato in Costituzione e, dall’altro, per i quotidiani attacchi mediatici volti alla denigrazione ed allo svilimento della stessa. Nelle aule di udienza, la toga porta con sé i dolori della persona che ripone la propria vita e la propria famiglia sotto la sua ala difensiva.
Negli scatti fotografici, che sono riportati nella clip di presentazione (e pubblicati sul blog accessibile a chiunque risulti iscritto al social network Facebook) sono raffigurate 12 giovani ed avvenenti colleghe, che nella vita privata dedicano il loro tempo ad altrettante lodevoli iniziative sociali, ma ahimè, in quel caso specifico sono rinchiuse nelle quattro mura di uno studio fotografico con indosso una toga da Cassazionista, pur non avendo ottenuto tale titolo. In tal modo, ritengo che la toga sia stata dequalificata ad un abito di scena, e lo slogan sulla tshirt «il Diavolo veste toga», che si rinviene indosso ad una delle 12 avvocato modelle raffigurate nella clip, parrebbe associare il cencio nero ad un abito firmato e parrebbe assumere un messaggio mediatico : toga «pret a’ porter».
Giova evidenziare che, in ogni caso, la clip di presentazione del calendario fa parte integrante del progetto.
Le mie critiche trovano un concreto appiglio sul confronto con il calendario degli Avvocati di Brescia (non così sponsorizzato, ma ideato con le stesse finalità benefiche), dove si ritraggono colleghi, più «giustamente» senza toga e con parità di genere, impegnati nelle loro attività giornaliere e nei loro hobby. Un’ultima osservazione: la beneficenza deve essere discreta e non strumento di visibilità di chi se ne fa promotore: «la mano destra non sappia cosa fa la mano sinistra!».