Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ventitré migranti diventano opera d’arte a Made in Cloister
Chi sono i «Monumenti» di Liu Jianhua che fino al 21 marzo occuperanno l’antico chiostro un tempo legato a Santa Caterina a Formiello?
Di certo non sono statue fisse, paragonabili all’esercito di terracotta cinese, che anche a Napoli (replicate) hanno fatto a lungo bella mostra di sè. Perché l’unica replica delle figure del ciclo realizzato site specific per Made in Cloister dall’artista di Ji’an è in realtà la presenza dei soggetti stessi che danno vita alla mostra. E che nella serata dell’inaugurazione si sono date il cambio con le sculture mettendo in scena così una vibrante performance. Ovvero i 23 migranti che lo scultore, presente alla Biennale di Venezia del 2017, ha incontrato nel suo precedente soggiorno napoletano nel gennaio del 2018. «Il mio lavoro – spiega – non è tanto sul fenomeno della migrazione, quanto sull’idea del come i tanti stranieri giunti qui vivano la realtà di questa città». Un lavoro quindi molto diverso nello spirito rispetto a quello di un altro collega cinese come Ai Weiwei, autore di «Law of the Journey», il gigantesco canotto carico di viaggiatori fuggiaschi installato alla Galleria Nazionale di Praga. A Liu, infatti, interessano soprattutto le persone in quanto tali, le loro storie, i loro percorsi, i loro sentimenti. «Le ho scelte girando per le strade di Porta Capuana – continua –, madri, ragazze, uomini, chi proveniente dal Medioriente, chi dall’Africa, chi dal Sudamerica, chi, infine, dall’Europa dell’Est. E quasi tutte hanno affermato di trovarsi bene qui, di sentirsi a casa, di non soffrire problemi di razzismo o di emarginazione. Come confermano le loro voci registrate, ascoltabili in cuffia dalle postazioni applicate sulle pareti del chiostro. Ma come anche io ho percepito al mio primo arrivo in questa città: un luogo accogliente e non discriminatorio». Ed in cui l’artista cinese ha voluto realizzare le varie parti della sua istallazione grazie alla collaborazione con l’artigianato locale, a partire dalle sagome dei migranti, ma meglio sarebbe dire in questo caso emigrati, fatte realizzare in cartapesta da Carlo Nappi, famoso cartapestaio di Nola, città in cui quest’arte è praticata da secoli. E poi i blocchi su cui poggiano le statue, rivestiti di piastrelle in ceramica dipinte a mano con 92 sfumature di colore, secondo la tecnica usata a Vietri sul Mare, dove risiede il laboratorio di Francesco De Maio. Infine le rose in porcellana disposte accanto ai pilastri del chiostro, che rimandano alle decorazioni floreali dell’estremo oriente, ma in realtà realizzate da Pasquale De Palma e prodotte poi dai ragazzi dell’Istituto Caselli di Capodimonte.