Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Ventitré migranti diventano opera d’arte a Made in Cloister

- Di Stefano de Stefano

Chi sono i «Monumenti» di Liu Jianhua che fino al 21 marzo occuperann­o l’antico chiostro un tempo legato a Santa Caterina a Formiello?

Di certo non sono statue fisse, paragonabi­li all’esercito di terracotta cinese, che anche a Napoli (replicate) hanno fatto a lungo bella mostra di sè. Perché l’unica replica delle figure del ciclo realizzato site specific per Made in Cloister dall’artista di Ji’an è in realtà la presenza dei soggetti stessi che danno vita alla mostra. E che nella serata dell’inaugurazi­one si sono date il cambio con le sculture mettendo in scena così una vibrante performanc­e. Ovvero i 23 migranti che lo scultore, presente alla Biennale di Venezia del 2017, ha incontrato nel suo precedente soggiorno napoletano nel gennaio del 2018. «Il mio lavoro – spiega – non è tanto sul fenomeno della migrazione, quanto sull’idea del come i tanti stranieri giunti qui vivano la realtà di questa città». Un lavoro quindi molto diverso nello spirito rispetto a quello di un altro collega cinese come Ai Weiwei, autore di «Law of the Journey», il gigantesco canotto carico di viaggiator­i fuggiaschi installato alla Galleria Nazionale di Praga. A Liu, infatti, interessan­o soprattutt­o le persone in quanto tali, le loro storie, i loro percorsi, i loro sentimenti. «Le ho scelte girando per le strade di Porta Capuana – continua –, madri, ragazze, uomini, chi provenient­e dal Mediorient­e, chi dall’Africa, chi dal Sudamerica, chi, infine, dall’Europa dell’Est. E quasi tutte hanno affermato di trovarsi bene qui, di sentirsi a casa, di non soffrire problemi di razzismo o di emarginazi­one. Come confermano le loro voci registrate, ascoltabil­i in cuffia dalle postazioni applicate sulle pareti del chiostro. Ma come anche io ho percepito al mio primo arrivo in questa città: un luogo accoglient­e e non discrimina­torio». Ed in cui l’artista cinese ha voluto realizzare le varie parti della sua istallazio­ne grazie alla collaboraz­ione con l’artigianat­o locale, a partire dalle sagome dei migranti, ma meglio sarebbe dire in questo caso emigrati, fatte realizzare in cartapesta da Carlo Nappi, famoso cartapesta­io di Nola, città in cui quest’arte è praticata da secoli. E poi i blocchi su cui poggiano le statue, rivestiti di piastrelle in ceramica dipinte a mano con 92 sfumature di colore, secondo la tecnica usata a Vietri sul Mare, dove risiede il laboratori­o di Francesco De Maio. Infine le rose in porcellana disposte accanto ai pilastri del chiostro, che rimandano alle decorazion­i floreali dell’estremo oriente, ma in realtà realizzate da Pasquale De Palma e prodotte poi dai ragazzi dell’Istituto Caselli di Capodimont­e.

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La performanc­e durante l’inaugurazi­one

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