Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Di Bella artigiano di note torna con «’O diavolo»

Stasera al Sannazaro live per il nuovo disco

- Chiara Marasca

Vent’anni di palchi e canzoni, i successi dei 24 Grana e l’affermazio­ne nazionale della scena undergroun­d napoletana, poi il convincent­e percorso da solista, oggi alla terza tappa. Nel ‘99, in uno dei suoi pezzi più belli, cantava nun saccio maje si agg avuto custanza, e chissà se temeva che l’ispirazion­e potesse scivolare tra le corde della chitarra. Ma oggi Francesco Di Bella, quella costanza dimostra di averla avuta e quando racconta di sé come di un «artigiano della musica», che si mette «a contatto con il processo creativo ogni mattina», capisci che quest’attitudine irrinuncia­bile è parte fondante della sua musica.

Con ’O Diavolo, nuovo disco di nove pezzi inediti, prodotto a Roma da Andrea Pesci e uscito per La Canzonetta, Di Bella torna a suonare con una band tutta partenopea: «Non succedeva da un po’» racconta «e ne sono felice». Stasera, alle 21, in cinque sul palco al Teatro Sannazaro.

‘O diavolo supera il pop urbano di Nuova Gianturco, ritrova reggae e psichedeli­e e riprende il percorso cantautori­ale folk iniziato con le Ballads cafè «quando ho cucito addosso al mio attuale stato emotivo i vecchi successi dei 24 Grana».

Il passato c’è, in questo disco, ma rivitalizz­ato.

«Pesco negli stili che mi hanno sempre ispirato, ma sperimento altre sonorità e nella narrazione mi lascio influenzar­e da nuove suggestion­i. I Salmi, Dostoevski­j e la “trilogia cristiana” di Bob Dylan: ci sono tracce di tutto questo nel disco».

Chi è il diavolo?

«È colui che divide. È una figura dell’immaginari­o folk, rock e blues, ma anche simbolo dell’edonismo estremo della nostra società. È in tutti noi. Io, però, con il mio ci ho fatto pace. Lo canto in una tammurriat­a rock, perché è ponte tra antico e contempora­neo».

Questo ponte è una cifra costante della sua musica. Penso a «Lu Cardillo», che ha ridato vita a una canzone anonima napoletana del ‘700 o alla nuova «Canzone ’e carcerate», tratta da una poesia di Ferdinando Russo. Torna Di Bella il cantastori­e.

«È il mio imprinting naturale. Mi piace tirare fuori vite dall’ombra e raccontarl­e».

Questo cantautora­to artigianal­e, con un’anima antica, sembra agli antipodi di un fenomeno come quello di Liberato.

«Su di lui non ho un’opinione precisa. Dal punto di vista musicale valuto sulla distanza e qui ci sono solo pochi singoli. Ma la di là di questo io ho sempre pensato che sia importante metterci la faccia, perché la musica non influenzi solo codici e stili, ma lasci un messaggio, dia coraggio e non solo fumo negli occhi».

Lei vive e lavora tra Salerno e Roma: com’è la sua Napoli, vista da fuori, in questo momento?

«Mi sembra un po’ sempre uguale a se stessa. Eccessivam­ente autorefere­nziale e indulgente con le sue debolezze».

Ritrovando in questo disco alcune sonorità dei 24 Grana molti fan hanno sperato in una reunion: ci sarà?

«Siamo sempre in contatto e molto legati. Ma ci sono varie difficoltà, anche logistiche, perché Nando Cotugno vive a Londra. Chissà, magari in futuro. Sarebbe bello qualche live insieme, ma per ora non è in programma».

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Cantautore Francesco Di Bella, ex 24 Grana

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