Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Violenze, dalla paura alla denuncia

Picchiate per anni hanno fatto arrestare i loro aguzzini I giudici: soltanto il carcere può fermare tanta brutalità

- Di Titti Beneduce

Sono storie diversissi­me eppure simili quelle di Rosaria, poco più che ventenne di Qualiano, e di Emilia, quarantenn­e di Casola, madre di tre figli. Per anni sono state picchiate, insultate, torturate da chi in teoria avrebbe dovuto amarle moltissimo: la madre e il fratello nel primo caso, il marito, padre dei suoi figli, nel secondo. Sia Rosaria sia Emilia sono finite in ospedale: l’una dopo essere stata scaraventa­ta giù dalle scale, l’altra per le ustioni provocate da una pentola d’acqua bollente. A soccorrerl­e sono stati i parenti: perché in entrambi i casi i parenti (gli zii e i cugini di Rosaria, i cognati di Emilia) sapevano quanto avveniva in casa, ma per anni hanno taciuto, forse per la paura, forse per evitare la seccatura di impicciars­i. Cu- riosamente, le due donne hanno deciso di dire basta e denunciare ai carabinier­i a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, nel mese di novembre. E due giudici, l’uno di Napoli Nord, l’altro di Torre Annunziata, hanno disposto il carcere per i loro aguzzini: con parole diverse, ma sempre cariche di biasimo, hanno spiegato che solo il carcere può frenare la brutalità di queste persone, avvezze da anni alla violenza e alla prevaricaz­ione. Rosaria ed Emilia per adesso sono al sicuro, rispettiva­mente in una casa famiglia e dai genitori, e stanno provando a vincere le paure e le insicurezz­e. Non sarà facile. Intanto ci si chiede quante altre storie di violenza cieca vengono vissute in silenzio dalle donne, in famiglie in apparenza normali, mentre i parenti osservano e fanno finta di nulla..

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