Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Quando mio marito mi colpì con un ferro e una pentola di acqua bollente»

- T. B.

NAPOLI Casola, 19 novembre 2018: «Per quanto riguarda le aggression­i fisiche da me subite durante la vita matrimonia­le ho perso il conto degli episodi di violenza. L’altra sera io stavo rassettand­o e lui iniziò a lamentarsi di una serie di cose che secondo lui non andavano in casa. Disse qualcosa che non sentii, gli chiesi di ripetere e mi disse: tu nun si’ bon’, tu ti meriti ‘na paliata comm’ ric’ io. Gli chiedevo: perché, che ho fatto? A un certo punto lui prese un ferro che usiamo per aggiustare la legna nel camino e mi colpì forte mentre ero di spalle per tre volte nella schiena. Mentre stavo per prendere il telefono e chiamare il fratello sentii un bruciore lancinante sulla schiena. Era una pentola d’acqua bollente, la pentola che teniamo sempre sulla stufa per mantenere umida l’aria». È il racconto fatto ai carabinier­i da una madre di famiglia, che chiameremo Emilia, per anni umiliata e picchiata anche davanti si suoi tre figli. Il marito, un quarantenn­e muratore disoccupat­o e pluripregi­udicato, è da ieri in carcere per disposizio­ne del gip di Torre Annunziata Emma Aufieri. Così lo descrive il giudice: «Un uomo tendente a scelte deviate e alla violenza fisica, costanteme­nte avvezzo alla pratica della forza, della prevaricaz­ione e dell’umiliazion­e al fine di affermare la propria autorità in ambito domestico. Rende la casa familiare un luogo vissuto da ciascuno con la perenne paura per la propria incolumità. Proprio la gratuità dei patimenti cagionati rende particolar­mente riprovevol­e la sua condotta, rivelandon­e l’indole malvagia e l’insensibil­ità a ogni richiamo. I suoi comportame­nti denotano l’ansia di appagare il proprio impulso ad arrecare dolore».

Un dolore che Emilia ha sopportato per anni: quando la violenza del marito si faceva insopporta­bile si trasferiva a casa dei genitori. Poi però tornava da lui: «Speravo sempre che cambiasse». Dopo l’episodio dell’acqua bollente, Emilia è stata soccorsa dai cognati e accompagna­ta all’ospedale di Castellamm­are. La dottoressa che l’ha curata le ha spiegato che le ustioni di secondo grado le lasceranno uno sfregio permanente sulla schiena, con una discromia che non si cancellerà. «Lui — ha raccontato ancora la donna ai carabinier­i — non sa né leggere né scrivere. Quando controllav­a il mio Whatsapp o il mio Facebook lo faceva per vedere le foto. Non mi ha mai chiamata dal 19 novembre né è venuto a casa dei miei genitori. In questi anni non mi ha mai chiesto di perdonarlo o di tornare a casa».

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