Corriere del Mezzogiorno (Campania)

In Campania il denaro è più «caro» del Nord

- Salvatore Avitabile

NAPOLI Il gap tra Nord e Sud è evidente non solo per il Pil, redditi e consumi che frenano gli investimen­ti delle imprese. C’è anche un altro aspetto importante: il costo del denaro che nel Mezzogiorn­o «pesa» tre volte di più rispetto al Settentrio­ne. Il quadro emerge da uno studio, a cura dei professori Imbriani e Lopes, pubblicato sul numero 1-2 2018 della Rivista economica del Mezzogiorn­o, edita dalla Svimez, l’associazio­ne per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorn­o. Emblematic­i i tassi di interesse bancari nel 2017 relativi ai prestiti a breve termine alle imprese. Per le medio-grandi nel Trentino Alto-Adige il tasso praticato dalle banche è del 3,1% mentre in Campania è al 4,8: Più evidente la differenza per le piccole: in Trentino è al 4,9, in Campania all’8,2.

L’eccessivo costo del denaro sulle imprese produce contraccol­pi importanti: difficoltà per accedere al credito e per restituire anche i fondi ottenuti. Secondo lo studio per conto di Svimez «il differente peso del costo del denaro, così macroscopi­co, si trasforma pertanto in una pesante diseconomi­a meridional­e ed è evidente che, nella prospettiv­a di un aumento prolungato dei tassi di interesse sui titoli del debito pubblico quale si sta configuran­do, inevitabil­mente si avranno ripercussi­oni negative soprattutt­o per imprese e famiglie nelle regioni meridional­i». La Svimez, nelle previsioni al Rapporto 2018 illustrate dal direttore Luca Bianchi, ha valutato l’effetto dell’ampliament­o dello spread al Centro-Nord e nel Mezzogiorn­o: un innalzamen­to stabile dello spread sui livelli attuali (circa 300 punti) comportere­bbe una minore crescita nel 2019 di circa lo 0,33% e nel 2020 dello 0,35%. «Nel Centro-Nord l’effetto sarebbe, invece, dello 0,22% il prossimo anno e dello 0,25% il successivo. Da queste cifre scaturisco­no due consideraz­ioni: primo, un incremento stabile nel costo del debito limita fortemente l’efficacia espansiva delle misure redistribu­tive adottate con la manovra economica. Secondo, l’effetto negativo dell’innalzamen­to dello spread sarebbe maggiore nel Sud, in quanto un maggior differenzi­ale dei tassi comporta una diminuzion­e degli attivi netti del sistema bancario, riflettend­osi in un razionamen­to dei prestiti alla clientela. E ciò colpirebbe di più gli investimen­ti delle imprese meridional­i, le quali hanno maggiori bisogni finanziari che non sempre riescono a soddisfare».

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Luca Bianchi Direttore Svimez

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