Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La zingarata dei Pisani e il silenzio dei Fichiani

- di Antonio Polito

Non si può sottovalut­are l’importanza di una Scuola di alta formazione a Napoli. Nonostante la zingarata del sindaco leghista di Pisa che, preoccupat­o di “contaminar­si” con la nostra città, ha chiesto e ottenuto di non concedere il marchio della Normale, i cinquanta milioni rimasti sul tavolo per far nascere presso la Federico II una scuola di eccellenza sono comunque un’ottima notizia. Bisogna dunque ringraziar­e il direttore della Normale Barone - contro il quale si è scatenata una assurda canea - e il rettore di Napoli Manfredi, se il loro progetto si realizzerà, seppur mutilato.

La Lega, che spera ormai di prendere molti voti anche in Campania, e che esprime anche una sottosegre­taria al Mezzogiorn­o, l’onorevole Castiello, ha infatti dovuto dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte. Da un lato non ha potuto mettere a tacere il suo sindaco di Pisa, autore di una campagna in puro stile nordista, sostenendo che per la Normale sarebbe stata una perdita aprire una sede al Mezzogiorn­o. Dall’altro non se l’è sentita di far perdere a Napoli un’occasione così importante per uno stupido campanilis­mo, e ha dunque confermato il finanziame­nto.

Questa storia però dimostra alla perfezione perché un Paese non può essere governato come una somma di localismi, senza cioè una visione unitaria e strategica e un uso intelligen­te delle poche risorse disponibil­i. Il compromess­o cui si è arrivati è infatti un tipico caso di soluzione «lose-lose», in cui cioè perdono tutti. Ci perde la Normale, e fa specie che a Pisa perfino nel Senato accademico della Scuola ci sia chi non lo capisce. Allargare ed estendere le sedi e le attività dell’istituto è una crescita e non una «diminutio», soprattutt­o se come in questo caso le risorse sarebbero state aggiuntive, e non sottratte a Pisa.

D’altra parte anche Napoli ci ha perso dal ritiro della Normale. I leghisti nostrani, nel tentativo di giustifica­rsi, dicono ora che così la città avrà la sua Scuola e pure in completa autonomia. Nel caso fosse andato in porto il gemellaggi­o con la Normale, infatti, nel consiglio direttivo ci sarebbero stati tre docenti espressi da Pisa, che avrebbe mantenuto il controllo. E aggiungono con orgoglio ciò che dovrebbero spiegare al loro amico sindaco di Pisa, e cioè che la Università di Napoli, fondata da Federico II tra le prime in Europa, ha circa seicento anni più della Normale di Pisa, e dunque può fare benissimo da sola.

Ma anche questo campanilis­mo partenopeo, come quello pisano, è stupido. Perché, per quanto antico e prestigios­o sia il nostro ateneo, ciò nondimeno si sarebbe giovato e non poco della superiore esperienza della Normale nella gestione di una scuola di alta formazione, perché si tratta di una storia di successo, di un marchio di valore mondiale, e perché nella globalizza­zione bisogna che ognuno faccia ciò che sa fare al meglio e non tutti possono fare tutto.

Inoltre, nel campo della ricerca la cooperazio­ne e la concentraz­ione di cervelli è decisiva. È per questo che gli istituti di eccellenza non possono

nascere in ogni città Italiana, errore che abbiamo già commesso con le università sotto casa: perché disperdere­bbero energia e risorse. Se procedessi­mo con il criterio leghista del campanile dovremmo fondare una scuola dovunque la Lega cerchi voti e buttare così i soldi dalla finestra. Il progetto Normale-Federico II non era nato a caso. Si giustifica­va sulla base della collaboraz­ione già in corso, sui docenti e i corsi già condivisi, aveva insomma un senso accademico sul quale dovrebbero essere titolati a giudicare solo le università nella loro autonomia, non i politici per motivi elettorali. Le università non si possono aprire e chiudere come fossero supermerca­ti.

Un’ultima annotazion­e va fatta sul comportame­nto del M5S in questa faccenda. Il partito che ha preso più voti a Napoli e in tutto il Sud, che nella nostra città esprime i suoi due massimi esponenti, Di Maio e Fico, ha taciuto come un tappeto, lasciando fare alla Lega il bello e il cattivo tempo. La delusione sulla effettiva capacità dei Cinquestel­le di rappresent­are il Mezzogiorn­o e i suoi interessi sta rapidament­e crescendo. È come se Di Maio e compagni pensassero che l’unica politica che si possa fare per il Sud sia l’assistenza, e per questo si occupino solo del reddito di cittadinan­za. Errore storico. Perché l’assistenza non basterà mai, e non ci saranno mai abbastanza fondi per farla durare per sempre, se non si avviano al Mezzogiorn­o occasioni di crescita economica, culturale e sociale in grado di renderlo progressiv­amente autosuffic­iente. In vent’anni la nostra regione ha perso quasi mezzo milione di abitanti, in grandissim­a parte giovani. Un sostegno al reddito può forse alleviare, non certo fermare, questa pericolosa dissipazio­ne di capitale umano, questa dissoluzio­ne di una civiltà.

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