Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Per niente Candida
Cara Candida, il mio compagno mi riempie di complimenti, mi magnifica davanti agli altri, ma nella realtà se ne frega di me. Il suo carattere è questo: a lui interessa che io mi curi dei figli, della famiglia, della casa, e non gli rompa coi miei problemi. Lavoro, anche se part time, ma non vuole mai ascoltare i miei problemi, non si offre mai di darmi una mano, di presentarmi qualcuno che potrebbe essermi utile, non mi accompagna se c’è un’occasione in cui l’invito di lavoro è esteso al compagno. Si lava la coscienza coprendomi di complimenti davanti a tutti, dicendo quanto sono fantastica come mamma, quanto sono bella, quanto sono brava, ma poi tutto cade sulle mie spalle. Io, però, mi sento sola. Sola quando aiuto i figli a fare i compiti, sola quando devo parlare coi professori, sola davanti a ogni piccolo e grande dilemma che mi capita in ufficio. Gli chiedo un consiglio e gli devo ripetere le cose tre volte, poi dice «ma sì, fai come fai tu, che sicuramente bene» e si immerge di nuovo nei suoi affari. Pensa solo a se stesso ed è egoista. Comincio a pensare che mi consideri un accessorio, una sua estensione, un oggetto utile all’organizzazione della sua vita, che pensa di ripagare con qualche parola gentile. Ma io sono stanca e non me la bevo più. Lei crede che questo sia amore? Pensa che valga la pena vivere così?
Marina
Cara Marina, molte donne si accontentano di assai meno. Ma non di tutto quello di cui ci accontentiamo bisogna andar fieri. Le coppie vanno avanti perché hanno un progetto condiviso o vanno avanti perché ciascuno trova nell’altro, ogni giorno, nuova linfa vitale. Delle due, è preferibile la seconda, che per natura finisce per includere anche gli obiettivi comuni. Le relazioni del primo tipo, quelle focalizzate sul progetto, invece, spesso si trascinano senza autentico slancio. Il senso del dovere non ha mai supplito all’assenza di senso del piacere. Io non so se il vostro sia amore, non mi permetto di mettere etichette a qualcosa che è nascosto a lei stessa. So che certe coppie possono durare una vita intera - e felicemente - pur non essendo fondate sull’amore per come comunemente l’intendiamo. Succede quando condividono interessi personali o spirituali o familiari o d’affari eccetera che appagano entrambi. Ognuno pesa sulla sua personale bilancia ciò che gli basta e ciò di cui ha bisogno. Non esiste una risposta assoluta su cosa sia o non sia l’amore, non quando la domanda si applica a due specifiche persone. Lì la risposta sta nella variazione energetica che ognuno prova a stare con l’altro. Quando c’è delusione, frustrazione, dolore, qualcosa non va. È possibile che l’altro non ci ami, è sicuro che siamo noi che stiamo sbagliando qualcosa. Forse nel modo di porci, forse nel modo di guardare le cose o leggere la realtà. C’è sempre un modo per sintonizzarsi con l’altro, un modo «da anima ad anima», che ognuno ha la responsabilità di cercare chiedendosi cosa sbaglia, cosa non vede, cosa deve fare. A volte, poi, l’unica cosa da fare è andarsene. Mai senza aver prima esperito tutti i tentativi che la nostra intelligenza emotiva può suggerirci.
Il segreto di Pulcinella e l’arma dell’ironia
Cara Candida, mia moglie mi ha tradito e l’ho scoperto dai miei amici. Lo faceva quasi platealmente. In modo non so quanto consapevole, sembrava che volesse farsi scoprire. È stata, però colpa mia. L’ho trascurata, l’ho data per scontata, mi sono buttato solo nel lavoro e ho pensato che lei avrebbe aspettato, sarebbe stata sempre lì. Quando gli amici si sono decisi ad avvisarmi, io e mia moglie ci siamo confrontati e chiariti. Io ho capito che la amo e che avevo scelto priorità sbagliate, perché lei è sempre stata la mia forza e non posso permettermi di perderla. Ora, però, cara Candida, lei conosce Napoli: la donna che mette le corna è sulla bocca di tutti. C’è nell’aria quest’idea che l’uomo che se la tiene è un fesso. E io ora mi sento un pover’uomo, mi sembra che tutti mi parlino alle spalle. Aguzzo le orecchie per sentire che cosa dice la gente quando passo e faccio finta di niente. Questa cosa mi sta avvelenando. Ne soffro. Ma come faccio a ristabilire la dignità?
P.
Caro P., non drammatizzi. Le corna fanno tanto chiacchierare perché quasi tutti le hanno o le hanno avute e parlare di quelle altrui è un modo per esorcizzare le proprie e
autoconvincerci che la disgrazia non ci riguardi. A lei è capitata la disavventura di averle pubbliche, ma la differenza col resto dei suoi conoscenti sta in questo dettaglio e nel coraggio che ha trovato di usare quest’evento traumatico come punto di partenza di un percorso di riflessione e di confronto. In chi si porta appresso il segreto di Pulcinella l’unica è attingere alle risorse di ironia e autoironia. Se impara a guardare col sorriso a ciò che le è successo, le verrà facile affrontare i pettegoli con una battuta bonaria. L’autogossip è la miglior arma contro le malelingue: il segreto non detto persiste e s’ingigantisce, il segreto rivelato presto si volatilizza e perde interesse. Tuttavia, se me lo consente, se ne freghi di quello che pensano gli altri. Il suo problema non è la gente che mormora, ma il rimorso che si porta dentro. È lodevole che lei abbia fatto autocritica e disdicevole che, adesso, si addossi tutti i torti. Non dovremmo mai consentire che, a legarci a una persona, sia il ricordo colpevole degli errori ci attribuiamo. Fra i tanti modi che la sua signora aveva per attirare l’attenzione sui vostri problemi, ha scelto il meno accorto e il più doloroso per lei. Non si pareggiano i conti infliggendo dolore con dolore, umiliazione con umiliazione. Fossi in lei, più che concentrarmi su quello che le persone sussurrano, mi concentrerei sulla ricostruzione di un rapporto in cui nessuno dei due tenga avviluppato l’altro facendo leva sul senso di colpa. Se avete davvero trovato una nuova modalità di stare insieme, rispettando le esigenze di entrambi, bisogna ripartire da zero. Non c’è niente da perdonare e farsi perdonare, c’è solo da impegnarsi – tutti e due - per evitare di ripetere gli errori del passato. Lei usa la parola «dignità». Nessuno gliela riconoscerà, se lei per primo non fa pace con se stesso. La dignità la si perde quando noi per primi mortifichiamo noi stessi. Niente ci conferisce statura quanto la bellezza di avere il coraggio di essere noi, qui e adesso, in ogni istante da questo momento, attenti a non farci calpestare, ma sempre affermando la nostra posizione, avendo cura di non invadere quella altrui.