Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Malattie degenerative in aumento Ora servono strutture intermedie
In un convegno a Sant’Agata dei Goti protagonisti i pazienti «fragili» e «critici»
La gestione di una malattia non finisce con le dimissioni. Spesso, infatti, uscire dall’ospedale significa dover affrontare lunghi percorsi terapeutici e più si è avanti con l’età e più possono aumentare le difficoltà e le possibilità che il problema ritorni ad acutizzarsi. In parte, questo deriva dal fatto che negli anziani è molto frequente il manifestarsi di più patologie croniche degenerative, come ad esempio cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco e insufficienza renale, contemporaneamente e con le relative complicazioni.
Complici i migliori trattamenti delle fasi acute delle malattie e la conseguente riduzione della mortalità precoce, la medicina si troverà a dover curare pazienti sempre più anziani. Oggi questi casi sono la maggioranza e non smetteranno di aumentare, perché la popolazione, soprattutto nei paesi occidenper tali, continua a invecchiare.
Secondo l’Istat un italiano su 4 ha più di 65 anni e le stime ci dicono che nel 2050 il rapporto crescerà fino ad arrivare ad 1 su 3. In termini pratici, ciò vuol dire che ci sarà bisogno di consultare più medici specializzati insieme e che il sistema in cui si ritorna alle terapie domiciliari dopo il ricovero, potrebbe non essere più sufficiente venire incontro alle nuove esigenze che derivano dall’invecchiamento dei cittadini. I malati in età avanzata che vanno incontro a questi problemi sono definiti “fragili” e “critici”.
Il primo caso, riguarda coloro che necessitano di dover seguire diverse terapie nello stesso tempo, perché presentano più patologie contemporaneamente, che, però, non possono essere gestite da un singolo medico. La seconda ipotesi, invece, è quella che comprende chi ha bisogno di un sistema in cui ci si possa curare sul proprio territorio, evitando così lunghi e continui ricoveri, ma non ancora nella propria dimora in autonomia. Del loro trattamento e di come venire incontro a queste necessità, si è discusso nel convegno Disease management del paziente fragile e critico, l’1 e 14 dicembre, all’ospedale Sant’Alfonso Maria dei Liguori” di Sant’Agata de Goti, in provincia di Benevento.
Filo conduttore delle giornate la volontà di mettere al centro del nuovo approccio proposto l’essere umano e la sua vulnerabilità. Una condizione di fragilità che deriva dal vivere il momento della malattia in età avanzata e dell’avvicinarsi della fine della vita.Gli incontri sono stati un momento per ripensare la gestione delle patologie che colpiscono gli ultra sessantacinquenni e il ruolo che gli ospedali dovrebbero avere
nel sistema di cura. Per questo genere di pazienti il nosocomio dovrebbe rappresentare solo un tassello di quello che dovrebbe essere un complesso più ampio e articolato di trattamenti sanitari. Per realizzare tutto questo e farsi carico della salute della popolazione, è necessaria un’integrazione tra ospedale, territorio e domicilio. Questa sinergia, un potenziale, secondo gli organizzatori del dibattito, ancora inespresso in molte regioni del Centrosud Italia, permetterebbe, ad esempio, a coloro, che devono riprendersi dopo la fase acuta di una malattia di rivolgersi a strutture intermedie dove fare riabilitazione. In questo modo, si riuscirebbe a trovare una collocazione anche a pazienti che potrebbero lasciare a casi più urgenti il loro posto in ospedale.
Altro argomento, collegato all’aumento delle malattie degenerative, è quello della fine della vita e di come stare accanto al paziente e ai suoi familiari in un momento così delicato, oltre al problema dell’accanimento terapeutico. Un tema che spesso ha aperto conflitti molto forti, perché coinvolge le personali volontà e convinzioni del malato e, in alcuni casi, la sfera religiosa. Su questo punto, gli esperti si sono confrontati soprattutto sulla contrapposizione tra l’aspetto sacro, la bioetica, la scienza, la morale e diritto.