Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Zagaria voleva picchiare Di Lillo nel mio studio»
NAPOLI «È successo un bordello nello studio. Quello, Franco, là, voleva picchiare a Lino qui dentro». Così il 3 maggio 2016, chiacchierando in auto con Lucrezia Cicia, la sua compagna, l’ex sindaco di Capua Carmine Antropoli raccontava l’episodio avvenuto alcune ore prima nel suo stdio medico, quando l’imprenditore Francesco Zagaria, ritenuto affiliato all’omonimo clan, aveva minacciato Giuseppe Di Lillo per convincerlo a non candidarsi. Obiettivo di Zagaria e Antropoli, secondo l’accusa, era convogliare su altre persone i voti che Di Lillo poteva intercettare. L’ex sindaco e primario di Chirurgia del Cardarelli è da lunedì in carcere con l’accusa di concorso esterno in associazione camorristica. «Si può sicuramente affermare — scrive nell’ordinanza il gip Fabio Provvisier — che Di Lillo sia stato pesantemente minacciato e forse anche percosso... Di tale violenza aggravata debbono ritenersi responsabili solo l’autore materiale, Zagaria, e Antropoli, che ha reso possibile il fatto organizzando l’incontro e soprattutto invitando una persona del calibro mafioso a lui noto, che non aveva alcun lecito interesse politico a presenziare e dunque la cui presenza voluta e organizzata da Antropoli non può che essere motivata dalla comune volontà di intimorire Di Lillo e frustrare il regolare esito elettorale». È vero che all’epoca Zagaria era ancora incensurato e molti ne ignoravano lo spessore criminale: ma tra questi non c’era Antropoli. «Infatti lui aveva avuto in passato rapporti probabilmente illeciti con Zagaria, basti pensare alla gara d’appalto vinta dal mafioso senza essere legittimato a parteciparvi».