Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Panini e pizze gourmet per i boss Cinque anni al «secondino-driver»
L’agente penitenziario di Secondigliano era finito sul libro paga di Luca Raiano
NAPOLI L’ordine era chiaro e perentorio: i panini dovevano essere caldi, anche i taralli e i tranci di pizza. Guai poi se il pollo arrosto era senza le patate. Niente aglio nelle pietanze ma quando c’era qualcosa di fritto accanto dovevano esserci anche ketchup e maionese. Così lui, appena ricevuta la lista della «spesa», balzava in sella allo scooter, sfrecciava come un forsennato nel traffico di Napoli. Da Secondigliano a Mergellina la strada è lunga, ma quando arrivava al carcere l’odore della carne arrostita, della pancetta e della provola affumicata faceva passare ogni malumore.
Il boss preferiva panini gourmet e li voleva solo di una nota paninoteca di Chiaia. E così anche a Luca Raiano, killer della Vanella Grassi, detenuto al regime dell’Alta Sorveglianza del supercarcere di Secondigliano, scappava un sorriso quando lo vedeva entrare, anzi lo sentiva prima che gli porgesse l’ordine: quel profumo era inconfondibile. Era troppo goloso e aveva trovato il sistema per ottenere quello che voleva e appagare i suoi desideri culinari, non solo per lui, ma per tutti i boss del suo clan che erano «ospiti» nel padiglione che sulla carta sarebbe dovuto essere il più controllato di tutti, dove sono reclusi pezzi da novanta della camorra napoletana. Invece ogni sera, menù alla mano, riusciva a scegliere quello che voleva mangiare e bere. E per ottenere questo aveva corrotto un agente della polizia penitenziaria al quale versava 1.500 euro al mese per i suoi servizi da fattorino e 500 euro ogni volta che andava a fare la spesa per lui e per chi desiderava leccornie dall’esterno: niente era impossibile per il pony express del carcere.
Oltre al cibo la lista prevedeva anche marsupi di Louis Vuitton, profumi, cinture, cappelli di lana, magliette e jeans di marca. Un sistema collaudato e assolutamente fuori controllo perché tra un panino e l’altro, tra una pizza e una porzione di patatine fritte con formaggio e salsiccia (cibo preferito dal capoclan), venivano spediti anche pizzini con gli ordini che gli affiliati dentro e fuori dal carcere dovevano rispettare.
La storia è stata raccontata da diversi pentiti che hanno spiegato il modo con il quale riuscivano a far passare notizie all’esterno e come riuscivano a far entrare cibo e regali nel super carcere di Secondigliano. L’agente non era conosciuto da nessuno, solo da Raiano, ed era con lui che aveva rapporti. Nessuno infatti era in grado di identificare la guardia corrotta, fino a quando non è spuntato un nome: Ottavio.
La Dda di Napoli ha iniziato così a indagare su l’unico agente della polizia penitenziaria di Secondigliano con quel nome e dagli indizi si è passati alle prove certe, concrete, fino a quando non si è avuta la certezza di trovarsi di fronte all’uomo che «lavorava» per la Vanella Grassi, il
Da Chiaia alle celle
Il poliziotto corrotto prendeva le ordinazioni e recapitava cibo e altro nel padiglione
gruppo che nel 2012 scatenò la terza faida di Scampia.
La Procura ha chiesto e ottenuto per l’agente di polizia penitenziaria il processo. Due giorni fa è stato condannato a cinque anni di reclusione per il reato di corruzione anche se la Dda gli contestava l’associazione camorristica. Il boss Luca Raiano, con lui imputato, aveva chiesto il patteggiamento della pena che invece gli è stato rigettato e dovrà essere processato anche lui per corruzione.