Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Panini e pizze gourmet per i boss Cinque anni al «secondino-driver»

L’agente penitenzia­rio di Secondigli­ano era finito sul libro paga di Luca Raiano

- Fabio Postiglion­e

NAPOLI L’ordine era chiaro e perentorio: i panini dovevano essere caldi, anche i taralli e i tranci di pizza. Guai poi se il pollo arrosto era senza le patate. Niente aglio nelle pietanze ma quando c’era qualcosa di fritto accanto dovevano esserci anche ketchup e maionese. Così lui, appena ricevuta la lista della «spesa», balzava in sella allo scooter, sfrecciava come un forsennato nel traffico di Napoli. Da Secondigli­ano a Mergellina la strada è lunga, ma quando arrivava al carcere l’odore della carne arrostita, della pancetta e della provola affumicata faceva passare ogni malumore.

Il boss preferiva panini gourmet e li voleva solo di una nota paninoteca di Chiaia. E così anche a Luca Raiano, killer della Vanella Grassi, detenuto al regime dell’Alta Sorveglian­za del supercarce­re di Secondigli­ano, scappava un sorriso quando lo vedeva entrare, anzi lo sentiva prima che gli porgesse l’ordine: quel profumo era inconfondi­bile. Era troppo goloso e aveva trovato il sistema per ottenere quello che voleva e appagare i suoi desideri culinari, non solo per lui, ma per tutti i boss del suo clan che erano «ospiti» nel padiglione che sulla carta sarebbe dovuto essere il più controllat­o di tutti, dove sono reclusi pezzi da novanta della camorra napoletana. Invece ogni sera, menù alla mano, riusciva a scegliere quello che voleva mangiare e bere. E per ottenere questo aveva corrotto un agente della polizia penitenzia­ria al quale versava 1.500 euro al mese per i suoi servizi da fattorino e 500 euro ogni volta che andava a fare la spesa per lui e per chi desiderava leccornie dall’esterno: niente era impossibil­e per il pony express del carcere.

Oltre al cibo la lista prevedeva anche marsupi di Louis Vuitton, profumi, cinture, cappelli di lana, magliette e jeans di marca. Un sistema collaudato e assolutame­nte fuori controllo perché tra un panino e l’altro, tra una pizza e una porzione di patatine fritte con formaggio e salsiccia (cibo preferito dal capoclan), venivano spediti anche pizzini con gli ordini che gli affiliati dentro e fuori dal carcere dovevano rispettare.

La storia è stata raccontata da diversi pentiti che hanno spiegato il modo con il quale riuscivano a far passare notizie all’esterno e come riuscivano a far entrare cibo e regali nel super carcere di Secondigli­ano. L’agente non era conosciuto da nessuno, solo da Raiano, ed era con lui che aveva rapporti. Nessuno infatti era in grado di identifica­re la guardia corrotta, fino a quando non è spuntato un nome: Ottavio.

La Dda di Napoli ha iniziato così a indagare su l’unico agente della polizia penitenzia­ria di Secondigli­ano con quel nome e dagli indizi si è passati alle prove certe, concrete, fino a quando non si è avuta la certezza di trovarsi di fronte all’uomo che «lavorava» per la Vanella Grassi, il

Da Chiaia alle celle

Il poliziotto corrotto prendeva le ordinazion­i e recapitava cibo e altro nel padiglione

gruppo che nel 2012 scatenò la terza faida di Scampia.

La Procura ha chiesto e ottenuto per l’agente di polizia penitenzia­ria il processo. Due giorni fa è stato condannato a cinque anni di reclusione per il reato di corruzione anche se la Dda gli contestava l’associazio­ne camorristi­ca. Il boss Luca Raiano, con lui imputato, aveva chiesto il patteggiam­ento della pena che invece gli è stato rigettato e dovrà essere processato anche lui per corruzione.

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Massima sicurezza Il carcere di Secondigli­ano

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